Noterelle dicembre 2023

I controlli difensivi nel campo informatico: il prima e il dopo relativamente al D.Lgs 14 settembre 2015, n. 15. Obbligo di istituzione dei sistemi di whistleblowing e confronto con gli organismi sindacali (D.Lgs. n. 24/2023).

Noterelle Operative – Dicembre 2023

  1. I controlli difensivi nel campo informatico: il prima e il dopo relativamente al D.Lgs 14 settembre 2015, n. 15.

A cura di Paolo de Berardinis

 Il passaggio dalla disposizione contenuta dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori al c.d. Jobs Act, nell’ambito dei controlli c.d. difensivi, ha comportato o meno novità, in particolare per quanto attiene all’aspetto della legittimità dei controlli attuabili dal datore di lavoro?

Proviamo a dare una risposta a questo quesito che, con una certa frequenza, si pone, come avviene ogniqualvolta debba valutarsi la possibilità, intesa come legittimità, di procedere ad una contestazione disciplinare che sia basata sui dati raccolti attraverso sistemi informatici.

Vigendo l’art. 4 della L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), era effettivo il divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori anche se si trattava di controlli difensivi. Per cui l’applicazione delle garanzie previste dalla norma ora indicata faceva sì che il datore di lavoro non potesse installare impianti ed apparecchi di controllo che rivelassero, anche in modo indiretto ovvero incidentale, elementi relativi al disimpegno dell’attività lavorativa dei dipendenti.

L’unica possibilità offerta dalla legge era la sottoscrizione di un accordo sindacale, ovvero, in mancanza di tale accordo, l’ottenimento di una autorizzazione da parte dell’ispettorato del lavoro competente territorialmente. Conseguentemente, il principio di diritto fissato da numerose sentenze, sia di legittimità che di merito, era nel senso che, al di fuori dello stretto perimetro sopra indicato, i “… dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale dei lavoratori” (Cass., nn. 16622/2012; 19922/2016).

Cosa dunque avveniva nel concreto è presto detto: l’organizzazione sindacale, nel 90% dei casi, non sottoscriveva alcun accordo, ed il filtro istituito dagli ispettorati del lavoro era, in genere, così stretto da non consentire in concreto alcuna possibilità, ovvero utilità, di istallazione di telecamere, o quant’altro.

La conseguenza, non certo apprezzabile, era che rimanevano del tutto impuniti ed impunibili una serie di inadempimenti, a volte anche gravi, che, diversamente, avrebbero potuto essere oggetto di una legittima contestazione disciplinare. Vi era infatti l’ostacolo, insormontabile, della illiceità della provenienza della prova, vale a dire della impossibilità di far valere una prova che il datore aveva ottenuto in violazione della disposizione di cui allo Statuto dei Lavoratori.

La norma contenuta dal c.d. Jobs Act  che ha modificato l’art. 4 della L. n. 300/1970 riferisce che “La disposizione di cui al comma 1 (gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dei quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio) non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli altri strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze“.

In buona sostanza la disposizione consente, anche in assenza di un accordo sindacale ovvero della autorizzazione dell’ispettorato del lavoro, che gli elementi raccolti tramite tali strumenti possano essere utilizzati, anche per verificare la diligenza del dipendente nello svolgimento del proprio lavoro, con tutti i possibili risvolti disciplinari e di altra natura, anche risarcitoria, collegati.

Si deve trattare, però, di strumenti che attengono direttamente al disimpegno delle mansioni assegnate al prestatore di lavoro; questo è un importante elemento che va attentamente valutato. Per cui si rientrerà nel perimetro della norma laddove, ad esempio, l’inadempimento è il risultato di un controllo del personal computer utilizzato ordinariamente dal prestatore di lavoro. Ma non sarà così qualora lo strumento sia stato utilizzato solo incidentalmente o saltuariamente.

Inoltre, tale importante novità va opportunamente collegata con quanto dispone un’altra legge, quella sulla privacy che, come noto, detta ulteriori principi quale quello di necessità, finalità, trasparenza, e proporzionalità oltre, eventualmente di sicurezza, principi questi come noto di derivazione Europea. Pertanto, come è accaduto, può avvenire che la prova costituente l’inadempimento non possa essere considerata dal Giudice in quanto, seppure legittima ai sensi dell’art. 4 cit., tale non può essere considerata, in quanto il datore di lavoro non ha dato una corretta informazione al prestatore di lavoro, come prescritto dalla legge sulla privacy.

Osservazioni operative.

Dal punto di vista operativo può essere suggerito che tali aspetti vadano affrontati già all’atto dell’assunzione. In altri termini, va istituita un’opportuna prassi aziendale che preveda che all’atto dell’assunzione al lavoratore vengano comunicati, anche in forma sintetica, gli elementi dei quali si tratta, ciò assicurerà al datore di lavoro ab initio un esercizio corretto delle proprie facoltà. Fermo restando che in caso di modifica del sistema informativo, degli strumenti e quant’altro sarà necessario che venga predisposta una ulteriore comunicazione di aggiornamento.

 

  1. Obbligo di istituzione dei sistemi di whistleblowing e confronto con gli organismi sindacali (D.Lgs. n. 24/2023).

A cura di Lorenzo Cola

 Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 24/2023, tutte le aziende del settore privato aventi un organico medio compreso tra i 50 ed i 249 dipendenti saranno obbligate, a far data dal 17 dicembre p.v., a dotarsi di un sistema di whistleblowing, vale a dire una piattaforma di segnalazione di eventuali illeciti commessi in azienda, che tuteli la riservatezza dell’identità ed i dati personali dei “segnalanti”.

La legge, inoltre, impone che i datori di lavoro interessati dal predetto obbligo attivino tale canale di segnalazione interna, “sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’art. 51 del decreto legislativo n. 81/2015”.

Sebbene il citato D.Lgs. n. 24/2023 fosse già in vigore, per le aziende di dimensioni superiori, a far data dal 15 luglio u.s., ora che il numero dei datori di lavoro interessati è destinato a crescere notevolmente, sono sorte incertezze applicative circa le corrette modalità da adoperare per il confronto con il sindacato.

Ed infatti, l’obbligo di “sentire” gli organismi sindacali è differente dal dovere di esperire un “esame congiunto”, il quale rappresenta una forma ben più intensa di coinvolgimento e discussione approfondita su una certa materia. Inoltre, l’impegno di “sentire” i rappresentanti dei lavoratori si differenzia anche dalla necessità di agire “previa intesa” o “di concerto” con le organizzazioni sindacali, non essendo richiesto, nel caso del whistleblowing, il raggiungimento di alcun accordo.

Ebbene, l’obbligo in esame sembra, quindi, avere natura meramente informativa – come confermato dalle linee guida dell’ANAC contenute nella delibera n. 311 del 12 luglio 2023 – e si concretizza in due momenti:

  • la comunicazione preventiva al sindacato, con la quale si dà notizia dell’intenzione di attivare il canale di whistleblowing e si invia una descrizione dei suoi elementi essenziali;
  • l’eventuale incontro di approfondimento, da tenersi se richiesto dal sindacato. L’azienda dovrà tenere in considerazione i contenuti emersi durante tale incontro, ma senza vincoli specifici, rimanendo pertanto libera di accogliere o meno le indicazioni dei rappresentanti dei lavoratori. Peraltro, tale incontro resta solamente potenziale, poiché, se il sindacato non reagisce all’informativa del datore di lavoro (e. il “primo momento” di cui sopra) e, quindi, non richiede un incontro, la fase di ascolto deve intendersi regolarmente conclusa.

Il momento di confronto con le rappresentanze dei lavoratori appena descritto assume una non scarsa rilevanza, considerando che il mancato coinvolgimento dei sindacati potrebbe configurare una condotta antisindacale.

Osservazioni operative.

Al fine di adempiere correttamente all’obbligo di consultazione sindacale nella procedura di istituzione di sistemi di whistleblowing, il datore di lavoro può, con la propria informativa rivolta alle rappresentanze dei lavoratori, fissare un termine per ricevere indicazioni o svolgere l’incontro. In tal modo, si stabiliranno tempi certi entro i quali la fase di confronto sindacale, in assenza di una richiesta di incontro, potrà dirsi conclusa.

Nel caso in cui l’azienda fosse priva di rappresentanze sindacali, l’obbligo deve essere assolto inviando l’informativa alle associazioni – munite di rappresentatività comparativa – che firmano il CCNL applicato ai dipendenti, dal momento in cui la legge qualifica in modo ampio i soggetti che devono essere ascoltati, vale a dire le rappresentanze in azienda oppure le organizzazioni sindacali individuate dal D.Lgs. n. 81/2015.