Rassegna Stampa dBM

Sulla prescrizione dei crediti retributivi dibattito giurisprudenziale ancora aperto, a cura di Federico Putaturo e Paolo de Berardinis

L’argomento relativo alla prescrizione dei crediti nell’ambito del contratto di lavoro subordinato, e più precisamente l’aspetto della sua decorrenza per quanto attiene ai rapporti di lavoro privatisti , è stato da tempo immemorabile al centro di un acceso dibattito sia dottrinale che giurisprudenziale. Dibattito divenuto ancor più attuale a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione del 2022, la n. 26243.

Ciò che ha ritenuto il Giudice di legittimità con la sentenza ora richiamata – e che ad oggi pare considerarsidiritto vivente (Cass. n. 30957/2022; Cass. 4307/2023 e Cass. 8403/2023) – è che il sistema posto in essere  con la legge n. 92 del 2012 e con il Decreto n. 23 del 2015 non consenta la predeterminazione certa della tutela apprestata al lavoratore in materia di recesso, rispetto ad una pluralità di casi nei quali il rapporto di lavoro può essere risolto. Mancherebbero dunque i presupposti per la predeterminazione certa di una adeguata tutela. La conseguenza è che non può dirsi che tale sistema ripeta il regime di stabilità dapprima esistente come stabilito dal “vecchio” art. 18 della legge n. 300/1970. Viene pertanto in rilievo l’aspetto del c.d. metus, vale a dire il timore del prestatore di lavoro nei confronti del proprio datore, ciò che gli impedirebbe, in particolare, di rivendicare i propri diritti retributivi nel corso del rapporto di lavoro, tanto per non esporsi  al pericolo di ritorsioni.

Coloro che dissentivano, e dissentono, da tale approccio lo giudicano, per molteplici motivi, non solo non conforme al sistema normativo ma, altresì, inadeguato, rispetto a quella che è l’effettiva tutela del lavoratore. Sicché, affermano che il sistema legale al quale porre riferimento non è costituito esclusivamente dalle disposizioni che afferiscono strettamente alla risoluzione del rapporto di lavoro, dovendo essere esteso ad un ambito più ampio. Il che consentirebbe un esame complessivo sul punto della (in)sussistenza del metus, con la conseguenza che la prescrizione dei diritti retributivi ben potrebbe ricorrere già nel corso del rapporto di lavoro.

Vi sono state a livello giurisprudenziale varie precedenti dei Giudici di merito che hanno dissentito dall’approccio cui è pervenuta la Cassazione, sostenendo che la disposizione contenuta dalla normativa sopra richiamata offre una tutela adeguata (tra le altre App. Milano n. 89/2019; Trib. Napoli n. 7343/2019). Da ultimo è stata depositata una interessante pronuncia (n.2179/2023 del 6 settembre 2023) del Tribunale di Bari che propone un argomento già trattato da altre sentenze ma che, nel caso, viene accompagnato da motivazioni ulteriori che potrebbe, in futuro, aprire  ad un nuovo pronunciamento della Corte Costituzionale.

Il Giudice Pugliese, esaminando un caso per il quale, in considerazione delle dimensioni del datore di lavoro trovava applicazione l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, nella versione modificata dalla normativa già sopra indicata, pone al centro del suo ragionamento il dato normativo che afferisce a quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 1345 c.c. e dalla legge c.d. Fornero. In particolare, proprio tale legge avrebbe introdotto una tutela più estesa perché, qualunque siano le dimensioni dell’impresa è sancito il diritto alla reintegra nel posto di lavoro, nonché il pagamento dell’indennità risarcitoria senza neppure alcuna limitazione rispetto ai crediti di lavoro medio tempore conseguiti dal lavoratore, proprio in relazione all’ipotesi del licenziamento illecito previsto dal citato altre 1345 c.c. Dunque, in tal modo si sarebbe giunti ad una tutela ulteriore rispetto a quella già esistente, che per conseguenza viene confermata proprio in relazione al presupposto della stabilità. Detta tutela, viene precisato, troverebbe applicazione, anche, con riferimento al caso del recesso da ritenere illecito in quanto comminato a seguito della rivendicazione da parte del prestatore di lavoro dei suoi crediti retributivi. La conseguenza è dunque l’assenza del metus per cui la decorrenza della prescrizione già nel corso del rapporto di lavoro.

A quanto sopra è opportuno aggiungere un’ulteriore riflessione che attiene ai mutamenti ed ai  considerevoli ampliamenti, che riguardano le tutele dettate dal Legislatore, anche sovranazionale, proprio con riferimento al rapporto di lavoro subordinato. Si pensi, a mo’ di esempio, alla normativa sulla Privacy, a quella afferente il Whistleblowing, ed agli effetti che le stesse hanno proprio con riferimento alla materia del licenziamento. Si pone pertanto necessariamente l’interrogativo sul se sia, o meno, il caso di porre ancora a riferimento  pronunce quali quella della Corte Costituzionale (n. 63/1966 antecedente rispetto all’entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori ) che ritennero la parziale incostituzionalità degli artt. 2948, n. 4, 2955 n. 2 e 2956, n. 1 c.c. nella parte in cui consentivano il decorso della prescrizione dei crediti dei lavoratori durante il rapporto di lavoro, pronunzia cui fecero riferimento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 1268/1976) allorquando ritennero che la prescrizione poteva decorrere nel corso del rapporto di lavoro, solo laddove la tutela in materia di licenziamento avesse previsto la reintegra.

 

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