LA NUOVA DISCIPLINA DEL WHISTLEBLOWING IN ITALIA, a cura di Paolo de Berardinis e Sara Ferrandino
Il D.lgs. 24/2023 ha dato attuazione alla Direttiva europea 2019/1937, il cui l’obiettivo principale è quello di garantire un’adeguata tutela alle persone che lavorano nel settore pubblico o privato e che decidano di segnalare comportamenti illeciti di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito del proprio rapporto lavorativo.
Le nuove regole sono entrate in vigore dal 15 luglio scorso per tutti, mentre per le imprese del settore privato, che hanno impiegato nell’ultimo anno fino a 249 lavoratori subordinati, detto obbligo decorrerà dal 17 dicembre 2023. Fino a quel momento si applicherà la disciplina prevista dal d.lgs. 190/2012, c.d. Legge Severino.
Come illustrato dalle Linee guida pubblicate dall’ANAC con la delibera n. 311 del 12 luglio scorso, la nuova disciplina è orientata, da un lato, a garantire la manifestazione della libertà di espressione e di informazione, che comprende il diritto di ricevere e di comunicare informazioni, nonché la libertà e il pluralismo dei media. Dall’altro, è strumento per contrastare (e prevenire) la corruzione e la cattiva amministrazione nei settori pubblico e privato.
Quanto sopra va garantito, attraverso un sistema adeguato che tuteli i segnalanti efficacemente e che sia riservato e sicuro, quindi offra una protezione reale.
Chi segnala, c.d. whistleblower, fornisce informazioni che possono sfociare in un’indagine, quindi all’accertamento e al perseguimento di reati, rafforzando in tal modo i principi di trasparenza e responsabilità propri di Paesi democratici.
È stato esteso il novero dei soggetti che possono presentare una segnalazione e, dunque, che godono della relativa protezione: oltre ai dipendenti degli organismi di diritto pubblico e dei dipendenti dei concessionari di pubblico servizio, l’art. 3 del d.lgs. 24/2023 individua anche i volontari e tirocinanti che prestano la loro attività per soggetti del terzo settore, azionisti e lavoratori autonomi che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico, compresi dipendenti pubblici che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi.
Il “cuore pulsante” della recente normativa è rappresentato dal Capo III del suddetto d.lgs., intitolato “Misure di protezione”. La ratio per cui è stata introdotta una disciplina specifica a tutela del segnalante è non solo volta alla protezione di tale soggetto ma anche stimolare le segnalazioni.
Le violazioni che possono essere segnalate sono tassativamente individuate in comportamenti, atti od omissioni, che ledano l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. La categoria è stata ampliata dal decreto in esame rispetto a quanto era precedentemente previsto dalla Legge c.d. Severino.
Altra novità è l’introduzione della c.d. “segnalazione esterna”, dove il segnalante, oltre a rivolgere la propria segnalazione ai canali dell’impresa o dell’ente pubblico, può rivolgersi direttamente all’ANAC o ai canali di divulgazione pubblica, così come individuati dalla stessa Autorità nelle proprie Linee guida (art. 7 del d.lgs. 24/2023).
La segnalazione presso il canale dell’ANAC è possibile quando, ad esempio, il segnalante teme il rischio di ritorsioni oppure ha già effettuato una segnalazione interna e non ha avuto seguito. Le modalità concrete di presentazione e gestione delle segnalazioni esterne sono contenute nelle Linee guida predisposte dalla stessa autorità.
Il decreto si conclude con la disciplina di un nuovo apparato sanzionatorio per il soggetto segnalato che ha tenuto dei comportamenti illeciti: fermo restando le varie forme di responsabilità. In particolare, l’art. 21 consente all’ANAC di irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 50.000 euro.
Non è questa la sede dove esaminare tutti i vari profili della normativa in esame, alla quale andrà dedicata molta attenzione, atteso che sia il legislatore nazionale che quello europeo hanno mostrato tangibilmente un effettivo, concreto, interesse.