Noterelle Operative Luglio 2023

Noterelle operative – Luglio 2023

NOTERELLE OPERATIVE LUGLIO 2023

1. Illegittimo il controllo disciplinare effettuato dal datore di lavoro che superi il limite dell’adeguatezza (Cass., 26 giugno 2023, n. 2993).
È da giudicarsi illegittimo, in quanto non corrispondete ai criteri legali, il controllo effettuato dal datore di lavoro che, superando il limite della adeguatezza, viola il complesso delle leggi che disciplinano il corretto bilanciamento tra la difesa del patrimonio aziendale, da un lato, e la dignità del prestatore dall’altro lato. Conseguentemente le prove raccolte dal datore di lavoro sono illecite, per cui i suscettibili di un loro utilizzo nel processo, con la conseguenza che il recesso va dichiarato illegittimo.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2993 del 26 giugno 2023, che si distingue per la sua completezza e per l’approfondimento di ciascuno dei temi trattati, pone un punto fermo sull’argomento dei controlli, dando la possibilità di nuove osservazioni anche sul piano operativo.
La sentenza sopra citata, il cui relatore è il dr. Fabrizio Amendola (citiamo il nome del Magistrato in quanto le sue pronunzie, condivisibili o meno che siano, sono sempre frutto di un evidente gran lavoro) è da tenere in considerazione.
L’attualità del tema è connesso con quanto, sempre più spesso, avviene, vale a dire l’attività infedele di lavoratori che “condividono” all’esterno dell’Azienda dati, notizie, processi servendosi degli strumenti telematici. Spiace dirlo, ma il fenomeno è in crescita costante e, anche, questa pronunzia ne è l’ennesima conferma.
Ed, altresì, non è raro imbattersi in comportamenti dei datore di lavoro incoerenti rispetto alla delicatezza e complessità del tema, con conseguenze – una sentenza di illegittimità del licenziamento, è gravida di problemi, e non solo economici- per nulla trascurabili.
Vediamo allora di chiarire, sul piano operativo, i vari passaggi ai quali si deve far riferimento, con l’avvertenza che ciascuno di essi va attuato, atteso che la mancanza anche di uno solo di essi compromette l’intero percorso.

Osservazioni operative.
Esiste un momento del percorso del quale stiamo parlando, che prescinde dall’avveramento del fatto specifico che sarà oggetto dell’indagine: questo momento è quello che attiene alla generalità dei dipendenti ed afferisce agli atti prodromici. Si tratta di questi comportamenti, che non possono mancare, e che afferiscono ai doveri informativi che fanno capo al datore di lavoro. A questi possono seguire, nel senso che li rende accessibili e leciti, quelli più strettamente attinenti alla specifica indagine.
Proviamo a sintetizzare, a fini di chiarezza, pertanto:
A) attività preventiva: il datore deve precisare quale è la finalità, che può anche essere esclusiva, del mezzo informatico di lavoro, il cui utilizzo attiene alla prestazione lavorativa;
B) attività preventiva: il lavoratore deve essere edotto circa la possibilità della esistenza di misure di monitoraggio, per cui è consapevole che laddove dovesse utilizzare lo strumento informatico per finalità personali, queste potrebbero essere conosciute dal datore, senza che tanto costituisca violazione della sua privacy;
C) attività di controllo: va basata su fatti rilevanti, non su ipotesi, meri indizi o semplici sospetti;
D) attività di controllo: deve essere limitata, dal punto di vista temporale e spaziale, a quanto effettivamente è necessario accertare. Ciò sta a significare che quanto più pervasiva è l’azione, più devono sussistere ragioni oggettive che la giustificano;
E) utilizzo dei dati: l’uso dei dati deve essere anch’esso rispondente al criterio del bilanciamento. Per cui è necessario che lo stesso sia rispondete alle necessità che il datore di lavoro ha di comprendere attraverso quanto rilevato, se vi sia stata una condotta illecita e come la stessa è stata posta in essere.
Come può evincerai si tratta di un argomento che possiede profili di delicatezza del tutto particolari, e, come in altri casi citati commentati dalle Noterelle è avvenuto, si devono partire da lontano approntando una serie di misure che, laddove occorra, consentano di operare e raggiungere i giusti risultati.

2. Licenziamento del lavoratore che rifiuta la trasformazione a part-time (Cass., 9 maggio 2023, n. 12244).

La giurisprudenza di merito ha, in svariate occasioni, coniugato la disposizione contenuta dall’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2015 – secondo la quale il rifiuto della trasformazione del rapporto di lavoro part-time non costituisce giustificato motivo di recesso- costruendo una sorta di totem.
Spesso ci si è imbattuti in pronunzie che hanno deciso le cause leggendo la norma come un qualcosa che non poteva, e non doveva, essere meritevole di approfondimento. In buona sostanza, se il licenziamento afferiva al divieto, ebbene il recesso era da giudicarsi illegittimo, senza ma e senza forse.
Le sentenze che nei vari gradi avevano giudicato il caso in commento, condivisibilmente, non si sono fermate al dato apparente – anche in questo caso il licenziamento dipendente dal rifiuto opposto dal prestatore alla trasformazione del suo contratto di lavoro- ma approfondiscono il dato, costituito dalle condizioni che avevano avuto come epilogo il recesso per giustificato motivo, giungendo alla conclusione che non si trattava di ritorsione e che, sussistendo e le ragioni, il licenziamento era da ritenersi legittimo.
Il totem è stato, in questo caso, accantonato, avendo il datore di lavoro, cui spettava l’onere, dato la prova della sussistenza delle ragioni oggettive che quel recesso giustificavano, motivi che nulla avevano a che fare con la ritorsività. Dovendosi notare che la vertenza in esame nasceva giudizialmente nell’anno 2018 e che, nel caso, avrebbe trovato -se di ritorsione si fosse trattato- la tutela piena o reale. Il che significava cinque anni di retribuzione, con gli oneri previdenziali e l’accantonamento del TFR.
Più nel concreto, le prove addotte dal datore di lavoro erano nel senso della effettività della riorganizzazione, quindi della diversa ripartizione delle mansioni dapprima affidate al lavoratore che, per oggettive ragioni economiche, erano state suddivise in parte ed assegnate ai soci, residuandone solo una parte ciò che nel concreto consentiva una prestazione solo ad orario ridotto.

Osservazioni.
Vi è da augurarsi che anche in altre occasioni si giudichi secondo ciò che è nella realtà, piuttosto che arroccarsi su posizioni preconcette. In questo caso la corretta valutazione che il datore ha compiuto, con le relative dimostrazioni, hanno consentito in sede giudiziale di rappresentare quanto in realtà era, con la conclusione che si è sopra evidenziata.
L’insegnamento, al di là del tecnicismo giuridico, risiede – ancora una volta- nella considerazione che un recesso è un atto sempre rilevante e complesso, e che deve essere preventivamente e con completezza esaminato sotto ogni profilo.