Noterelle Operative

Dicembre 2022

Noterelle Operative – Dicembre 2022

Nell’appalto illecito, la fine dei lavori non fa decorrere il termine per l’impugnazione del licenziamento (Cass. ord. n. 34181/2022)

L’ordinanza

Secondo la Corte di Cassazione, il doppio termine di decadenza per l’impugnazione (stragiudiziale e giudiziale) previsto dal combinato disposto dell’art. 6, commi 1 e 2, L. n. 604 del 1966, e dell’art. 32, comma 4, lett. d), L. n. 183 del 2010, non si applica all’azione del lavoratore intesa ad ottenere, in base all’asserita illiceità dell’appalto, l’accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al committente in assenza di una comunicazione scritta, inviata da quest’ultimo, equipollente ad un atto di recesso. A fondamento della propria tesi, la Cassazione ritiene che la norma che prevede il doppio termine decadenziale è caratterizzata da una natura impugnatoria; pertanto, essa può operare solo laddove sussistano effettivamente specifici provvedimenti datoriali da contestare. Inoltre, la Cassazione precisa che l’art. 39 del d.lgs. n. 81/2015, che prevede la decorrenza del termine di decadenza di 60 giorni dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore, si riferisce alla sola somministrazione di lavoro e non anche all’appalto illecito. Si esclude così che il dies a quo per la decorrenza del termine di decadenza possa essere individuato nella scadenza dell’appalto.

Osservazioni operative

La Corte di Cassazione nella sua sentenza afferma null’altro se non un principio che ha basi oggettive. Prendendo spunto dalla pronuncia ci si deve, necessariamente, interrogare sul come debba essere controllata l’attività che gli appaltatori svolgono nei confronti dei propri collaboratori. Si tratta di un tema spinoso che, molto spesso, ha dato luogo a situazioni davvero incresciose quali, a distanza di anni, il riconoscimento in capo l’appaltante della sussistenza di un rapporto di lavoro, ovvero di crediti oppure, peggio, contribuzioni omesse premi assicurativi non pagati e via dicendo. Sotto tale profilo dobbiamo sempre ricordare la sussistenza della responsabilità solidale che la legge prescrive e che colloca in capo alla porta, per quanto riguarda i crediti dei dipendenti dell’appaltatore. Ed allora, la prima “difesa” la si deve strutturare già nel contratto di appalto, è quella la sede nella quale vanno previsti specifici obblighi e, conseguentemente, la legittimità di controlli diretti e indiretti che l’appaltante può svolgere laddove lo ritenesse opportuno, senza necessità di motivare l’accertamento, e senza alcuna opposizione né intralcio da parte dell’appaltatore. In questo modo si avrà un perimetro effettivo di controllo con ogni relativo beneficio rispetto ad eventuali inadempienze dell’appaltatore.

 

Responsabilità solidale del committente per i danni subiti dal dipendente di una società di autotrasporti (Trib. Cremona, n. 732/2022)

La sentenza

Con la pronuncia in questione, il Tribunale di Cremona, a fronte di un infortunio subito da un dipendente di una società di autotrasporti, ha accertato la responsabilità del datore di lavoro per la mancata tutela dell’incolumità fisica del lavoratore (prevista dall’art. 2087 c.c.) nonché la sussistenza di un danno non patrimoniale. Il giudice, nell’individuare i soggetti tenuti al pagamento somme spettanti a titolo di danno non patrimoniale, ha previsto una responsabilità solidale del committente con l’appaltatore. Nel caso di specie, ha trovato applicazione nei confronti del committente l’art. 26 comma 4 del d.lgs. n. 81/2008, secondo cui quest’ultimo risponde in solido con l’appaltatore per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore, non è stato indennizzato ad opera dell’INAIL. Tuttavia, è stata esclusa l’applicazione dell’ultima parte della norma che prevede l’esonero per il committente per i danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività dell’impresa appaltatrice. Infatti, nel caso di specie, la mancata adozione di misure precauzionali da parte della ditta appaltatrice non atteneva ad un rischio specifico ed era immediatamente percepibile perché relative ad un’attività – il trasporto e il carico e lo scarico merci – svolte anche dalla ditta committente e quindi, dalla stessa perfettamente conosciute.

Osservazioni operative

Si tratta di una pronuncia che, a quanto consta non ha precedenti il che, però, non significa che si tratta di un tema “remoto”. Non è questa la sede dove affrontare questioni particolarmente complesse sotto il profilo giuridico relativa all’estensione della responsabilità dell’appaltatore, ma un dato è certo: nel caso di specie è mancato il controllo della sussistenza delle misure precauzionali. Ciò che deve essere compreso è che nell’ambito dell’appalto l’affidamento ad altri di certuni attività, che però si svolgono nel perimetro soggetto controlla l’appaltante, non può essere inteso come fosse una sorta di delega in bianco perché le conseguenze possono essere quelle ora rappresentate. E dunque, nel concreto è sempre necessario che l’attività venga verificata nei limiti di quanto compete al soggetto che consente ad altri di utilizzare le proprie strutture seppure nell’ambito di un contratto di appalto legittimo.

 

Quando la raccomandata si intende conosciuta

Svariati sono i casi nei quali si pone l’interrogativo che riguarda il momento della produzione degli effetti di un atto, inviato al destinatario a mezzo raccomandata.

Nel campo del rapporto di lavoro questi casi rivestono, molto spesso, anche una intrinseca e determinante rilevanza. Si pensi alla comunicazione di recesso, ovvero a quella afferente alla contestazione disciplinare, ed ancora relativamente al trasferimento del lavoratore, ovvero alla comunicazione del mutamento dell’orario di lavoro è così via.

Si tratta di aspetti, come detto, rilevanti in quanto ciò che si deve stabilire è se il datore di lavoro possa ritenere conosciuto dal proprio collaboratore il provvedimento di cui quest’ultimo è il destinatario, e da quando tale conoscenza può essere ritenuta effettivamente tale.

Non si tratta di questioni semplici, tutt’altro. Si pensi ad esempio al procedimento disciplinare per il quale la gran parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro prescrivono che l’adozione del provvedimento disciplinare debba avvenire, a pena di decadenza, entro un certo numero di giorni rispetto all’esaurirsi dei termini concessi a difesa al lavoratore che, a loro volta, decorrono dal momento nel quale quest’ultimo è a conoscenza della contestazione disciplinare.

Si pensi, ancora, alla necessità di comunicare per tempo agli uffici pubblici la risoluzione del rapporto di lavoro, senza incorrere nelle note sanzioni, ciò che dipende dal momento nel quale il licenziamento ha prodotto i suoi effetti.

La casistica, come detto, è ampia e, per una serie di atti, quali il predetto licenziamento, il trasferimento, la successione del rapporto di lavoro dovuta al trasferimento dell’azienda o di un suo ramo. La legge come noto prescrive che le impugnazioni per essere tempestive vanno effettuate dal lavoratore entro 60 giorni, sempre, dal momento in cui il provvedimento è dallo stesso conosciuto.

Vediamo allora come ci si può comportare, cercando di evitare la maggior parte dei problemi che possono sorgere anche laddove il lavoratore rifiuti di ricevere “brevi manu” la comunicazione, ciò che costituisce inadempimento contrattuale del laddove la consegna della lettera avvenga in azienda. In questo caso, è opportuno leggere al destinatario il contenuto della comunicazione stessa, e dunque ripeterla a mezzo raccomandata. In tal modo anche laddove la raccomandata venga rifiutata e torni al mittente, il provvedimento datoriale sarà comunque conosciuto.

Per quanto attiene alla comunicazione resa a mezzo raccomandata, il cui iter come noto oggi può essere seguito telematicamente, si ha che la comunicazione del datore di lavoro, quale atto unilaterale recettizio, ai sensi dell’art. 1335 cod. civ. va considerato conosciuto nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario.

Qualora, caso affatto raro, la raccomandata non venga ricevuta, o comunque non venga consegnata a causa dell’assenza del destinatario ovvero delle persone del suo nucleo familiare abilitate a riceverla, comunque la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale. Secondo una giurisprudenza, è irrilevante il periodo di compimento della giacenza e quello intercorso tra il rilascio dell’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario.

Può avvenire che l’iter postale si complichi, ad esempio perché non vengono lasciati gli avvisi. In tal caso la raccomandata costituisce comunque prova certa della spedizione, attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da ciò consegue la presunzione della spedizione e dell’ordinaria conseguenza vale a dire della consegna al destinatario, per cui la sua conoscenza ai sensi dell’asta 1335 cod. civ., con la conseguenza che là dove il destinatario contesti il predetto ricevimento diviene suo onere dimostrare di essersi trovato senza colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto.

Osservazioni operative

Da quanto sopra detto risulta che nel Paese dove la regola è quella della complicazione, anche la questione della conoscenza del provvedimento datoriale, comunicato a mezzo raccomandata, può di diritto iscriversi in tale ambito.

Ci si deve però doverosamente chiedere se oggigiorno, vista la tecnologia che esiste e la sua diffusione, non si possono, o debbano, evitare talune insidie. Ad esempio facendo in modo che e il datore di lavoro ed il lavoratore si accordino al fine di fissare quali propri rispettivi recapiti, per ogni tipo di comunicazione non più una via, una piazza, non un numero civico ma una Pec ovvero un indirizzo e-mail.

Sia chiaro che, per l’importanza che la scelta del mezzo di trasmissione delle comunicazioni nelle quali si parla assume, l’accordo o il documento con il quale si fissano determinati recapiti deve essere non solo chiaro ma scritto in modo che lo stesso conservi nel tempo valore vincolante.