Sospensione cautelare

Gli effetti sul licenziamento disciplinare

La sospensione cautelare e gli effetti sul licenziamento disciplinare

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 567/2021, è intervenuta sul tema dell’applicazione della sospensione cautelare nell’ambito del procedimento disciplinare, e delle conseguenze della stessa nel caso di successivo licenziamento per giusta causa.

Nel caso di specie, la sospensione cautelare era stata irrogata nei confronti di una dipendente di un supermercato che, nello svolgimento della propria mansione di commessa, aveva trattenuto una serie di importi relativi a scontrini fiscali che la stessa aveva omesso di consegnare ai clienti al momento dell’acquisto. La dipendente era stata dapprima sospesa in via cautelare, con contestuale sospensione della retribuzione, e, all’esito degli accertamenti attuati dal datore di lavoro nel corso del procedimento disciplinare, era stata licenziata per giusta causa.

Al suddetto licenziamento era poi seguita l’impugnazione giudiziale della lavoratrice proponendo ricorso innanzi al giudice del lavoro di Milano il quale, nel respingere il ricorso, stante la legittimità del licenziamento, aveva tuttavia condannato il datore di lavoro a restituire alla dipendente quanto indebitamente trattenuto nel periodo in cui aveva avuto corso la sospensione cautelare.

Con la pronuncia in commento la Corte d’Appello meneghina, accogliendo l’appello incidentale proposto dal datore di lavoro, ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, affermando il principio, già consolidato da altre pronunce in materia (cfr. Cass. civ., sez. lav., 12 maggio 2015, n. 9818), secondo cui il procedimento disciplinare conclusosi in senso sfavorevole al lavoratore – ossia con il licenziamento in tronco di quest’ultimo – comporta la “fusione” del momento di applicazione della sospensione cautelare con il momento di definitiva interruzione del rapporto di lavoro, con conseguente perdita ex tunc del diritto alle retribuzioni, vale a dire “a far data dal momento della sospensione medesima”.

Ciò, in quanto, sostiene la Corte, la sospensione cautelare – pur strutturalmente e funzionalmente autonoma rispetto al provvedimento risolutivo del rapporto, giacché adottata in via meramente cautelare in attesa del secondo – si salda con il licenziamento, tramutandosi in definitiva interruzione del rapporto”.

Il suddetto principio dagli effetti retroattivi del licenziamento disciplinare nei casi in cui è applicata la sospensione cautelare è espressamente sancito, in alcune ipotesi, anche dalla contrattazione collettiva, la quale si spinge a prevedere anche un termine di durata massima della sospensione stessa.

A titolo esemplificativo, si veda il C.C.N.L. Metalmeccanica, il cui articolo 11 consente di applicare la sospensione cautelare per un periodo massimo di 6 giorni, prevedendo che, “ove il licenziamento venga applicato, esso avrà effetto dal momento della disposta sospensione”.

Ci si potrebbe domandare in che modo una siffatta previsione contrattuale, e più in generale il principio giurisprudenziale della retroattività del licenziamento poc’anzi richiamato, possa coesistere con la previsione legislativa di cui all’art. 1, comma 41, della Legge n. 92 del 2012 (c.d. Legge Fornero).

Il suddetto articolo di legge, infatti, dispone che il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare “produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato”, fatto salvo comunque l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva del preavviso, ciò naturalmente nel caso in cui il recesso non avvenga a tenore dell’art. 2119 c.c..

In altre parole, nei casi in cui la contrattazione collettiva disciplini la sospensione cautelare, prevedendo la retroattività dell’eventuale licenziamento al momento di applicazione della stessa, ci si deve chiedere quale sia il momento effettivo a partire dal quale far decorrere gli effetti retroattivi del licenziamento e dunque, se esso coincida con l’avvio del procedimento disciplinare – come dispone la Legge Fornero – ovvero con l’applicazione della sospensione cautelare.

In realtà, la risposta a tale quesito è semplice, poiché il dubbio è soltanto apparente.

La sospensione cautelare, infatti, non si configura come un provvedimento disciplinare, ma rientra nel potere direttivo del datore di lavoro. Pertanto, nella maggior parte dei casi, il datore di lavoro applica lo strumento della sospensione cautelare al lavoratore contestualmente alla comunicazione della contestazione disciplinare. Ne deriva che, il momento di comunicazione di avvio del procedimento disciplinare e quello di applicazione della sospensione cautelare finiscono per coincidere. E’, inoltre, di interesse pari un’ulteriore domanda relativa al caso, frequente, del superamento dei giorni di sospensione cautelare rispetto alla previsione contenuta dal c.c.n.l.. In tal caso sembra a chi scrive che l’esaurimento del termine contrattuale collettivo, permanendo la sospensione, obblighi il datore di lavoro al pagamento delle giornate eccedenti.

Limitatamente alla previsione di cui alla Legge Fornero, inoltre, ci si potrebbe legittimamente domandare se essa si applichi anche ai licenziamenti post Jobs Act.

La risposta a tale quesito sembrerebbe positiva, laddove si ritenga che la predetta norma, collocandosi al di fuori della L. n. 604 del 1966 e dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, risulta di applicazione generalizzata a prescindere dai limiti di applicabilità della tutela reintegratoria ante o post Jobs Act e della tutela obbligatoria.