Malattia professionale

La relazione del medico legale non è sufficiente a fondare la domanda di risarcimento del danno biologico

L’allegazione in giudizio, da parte del lavoratore, della mera relazione medico legale attestante la malattia professionale non è di per sé sufficiente a fondare la domanda di risarcimento del danno biologico

Sempre più frequentemente si riscontra, nei giudizi aventi ad oggetto il risarcimento del danno biologico imputato al datore di lavoro, il modus agendi dei lavoratori che consiste nell’allegare, a fondamento della propria domanda risarcitoria, il solo mero stato di “malattia professionale”, certificato da un’apposita relazione medico legale di parte.

Infatti, non di rado, i lavoratori che agiscono in via giurisdizionale per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, causato da condotte illecite del proprio datore di lavoro – ivi incluse il mobbing e la dequalificazione professionale – fanno valere l’esistenza di una malattia psichica, accertata in base ad una perizia di parte del tutto generica, priva cioè di riscontri obiettivi. Sovente si leggono, nelle relazioni medico legali prodotte in giudizio, allegazioni quali l’aver sofferto una “sindrome ansioso-depressiva”, ovvero un grave pregiudizio dell’equilibrio psico-fisico, della propria vita relazionale, nonché un danno alla propria immagine e professionalità, senza alcuna specificazione rispetto alle effettive e concrete conseguenze che la malattia avrebbe provocato relativamente alle attività quotidiane ed alla vita dinamico-relazionale.

 

Premesso che il risarcimento da parte del datore di lavoro è limitato al solo danno biologico c.d. differenziale – ossia la parte eccedente rispetto a quanto indennizzato, ex art. 10, D.P.R. n. 1124/1965, dall’INAIL – , occorre porre un focus sulla nozione di danno biologico.

Dal dato normativo (art. 13 D.Lgs. n. 38/2000) emerge che il c.d. danno biologico si qualifica come lesione, temporanea o permanente, all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato – nozione avallata anche dalla giurisprudenza più recente (da utlimo, Cass., 2 maggio 2022, n. 13733).

Il risarcimento del danno biologico è, infatti, subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica medicalmente accertabile ed il danno – da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno – va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento (cfr., ex plurimis, Cass., n. 4264/2017; Cass. n. 23838/2015; Cass. n. 2016/2015; Cass., 19 marzo 2013, n. 6797; Cass., 7 ottobre 2011, n. 20663; C. Appello Bologna, 28 settembre 2004). Tale orientamento riprende una pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte (sent. 24 marzo 2006, n. 6572), le quali hanno affermato che “il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale […] non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo”.

Pertanto, appare del tutto evidente che la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali dovrà essere dichiarata destituita di ogni fondamento, ogni qualvolta il lavoratore non alleghi e specifichi puntualmente le conseguenze verificatesi nelle attività quotidiane e nella propria vita dinamico-relazionale.

 

Ora, nel rito del lavoro, caratterizzato da esigenze di concentrazione, celerità ed immediatezza, al lavoratore che fonda la pretesa con il ricorso introduttivo, allegando solo la relazione medico legale attestante la malattia professionale, è preclusa la possibilità di integrare, successivamente, i fatti posti a fondamento della propria domanda (i.e. causa petendi), né gli è concesso di far ricorso ai poteri del giudice ex art. 421 c.p.c. – infatti, neppure il processo del lavoro è inquisitorio, ed è retto dai principi della domanda (art. 99 c.p.c.) e della prova.

Dunque, in un giudizio promosso dal lavoratore per ottenere la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico differenziale, che si fondi esclusivamente sulla produzione della perizia medico legale, mancando la allegazione tempestiva dei fatti, nel senso sopra fatto chiaro, posti a fondamento della domanda risarcitoria, quest’ultima dovrà essere rigettata.

 

LC

 

Lo studio legale “de Berardinis Mozzi – Giuslavoristi per l’impresa” è specializzato nell’assistere i datori di lavoro in giudizio, anche in materia di malattia professionale e risarcimento dei danni non patrimoniali.