L’ambito di applicazione e i limiti di durata della responsabilità solidale del committente
A cura della dott.ssa Eleonora Peluso
La Cassazione, con l’ordinanza n. 31109 del 2 novembre 2021 è intervenuta sulla questione della responsabilità solidale del committente con l’appaltatore, prevista dall’art. 29, comma 2, del D. Lgs. n. 276 del 2003.
Tale disposizione, che è stata oggetto di diverse modifiche nel corso degli anni – da ultimo nel 2017 con la L. n. 49 – prevede che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore per la corresponsione dei trattamenti retributivi, compreso il TFR, i contributi previdenziali e i premi assicurativi relativi ai rapporti di lavoro nel periodo di esecuzione del contratto di appalto.
La responsabilità solidale voluta dalla suddetta disposizione vige per il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto e, come sancito dallo stesso articolo 29, comma 2, non si estende alle eventuali sanzioni civili “di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”.
L’ordinanza in esame, pronunciandosi sull’esistenza della responsabilità solidale del committente, ha ribadito il principio, già consolidato da altre pronunce in materia, per cui la suddetta solidarietà del committente è limitata ai soli crediti retributivi, nel caso afferenti il T.F.R. e le mensilità aggiuntive, e non si estende anche ai crediti relativi all’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti.
Tale interpretazione, come ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione, si fonda sulla distinzione tra crediti aventi natura retributiva, come quelli citati ora, e crediti aventi natura risarcitoria, come l’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi. Questi ultimi, in quanto non strettamente legati al concetto di corrispettivo dovuto per l’espletamento di una prestazione lavorativa, assumono, per l’appunto, natura non compensativa delle prestazioni e, in quanto tali, non sono coperti dalla garanzia della responsabilità solidale del committente con l’appaltatore.
Occorre, dunque, tenere ben presente la natura del credito vantato dal lavoratore in quanto il committente sarà tenuto a rispondere solidalmente solo per i crediti che risultano strettamente legati allo svolgimento della prestazione lavorativa. L’obiettivo mediato, come ribadito dalla Cassazione, è quello di indurre “il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore”.
In materia di responsabilità solidale, occorre richiamare anche un’altra importante pronuncia della Cassazione, con la quale è stato trattato per la prima volta il tema della decadenza dell’obbligazione solidale a causa dell’esaurimento del termine che, ai sensi del suddetto art. 29 comma 2, è fissato in due anni dalla cessazione dell’appalto, tempo entro il quale il prestatore si deve attivare.
La Cassazione, con la sentenza n. 30602 del 28 ottobre 2021, è intervenuta sulla questione affermando che, in assenza di espressa previsione legislativa, “anche un atto stragiudiziale [ nel caso di specie una lettera raccomandata di diffida al pagamento] idoneo a far valere la responsabilità del committente rispetto alla pretesa poi azionata giudizialmente” è valido ad impedire la decadenza biennale dell’azione.
Va in ogni caso evidenziato che l’applicazione dell’art. 29, comma 2, D. Lgs. n. 276 del 2003 è ratione temporis, vale a dire che si applica il testo vigente al momento in cui si riferisce l’appalto e/o la sua cessazione. In considerazione di ciò – e tenuto conto delle summenzionate modifiche che hanno interessato la previsione legislativa dal 2003 al 2017 – occorre ulteriormente evidenziare che quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione non trova applicazione per il periodo successivo al 2012 quando, per effetto della L. n. 92/2012 venne introdotto nel testo dell’art. 29, comma 2, il riferimento all’azione giudiziaria ,“da proporsi sia nei confronti del committente sia nei confronti dell’appaltatore”, come unico strumento utile ad interrompere la decadenza.
La pronuncia sopra citata, invece, attiene tanto per il periodo antecedente alla riforma del 2012 – a cui si riferisce il caso di specie esaminato dalla Corte – quanto per il periodo successivo al 2017, quando, per effetto della L. n. 49/2017 è stato eliminato il riferimento all’azione giudiziaria.