Integrazione salariale

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Cassa Integrazione Covid-19: le novità introdotte dal Decreto Fiscale e le possibili soluzioni per i datori di lavoro dei settori esclusi

A cura della dott.ssa Eleonora Peluso

Con il Decreto del Consiglio dei Ministri del 15 ottobre 2021 sono state introdotte ulteriori novità per il mondo del lavoro, in termini di ulteriori periodi di integrazione salariale, fruibili dal 1° ottobre al 31 dicembre 2021 a patto che siano state esaurite le precedenti 28 settimane della Cassa integrazione Covid.

Allo stesso modo, sono state rese disponibili ulteriori 9 settimane per il settore tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, sempre a condizione che siano state esaurite le precedenti 17 settimane.

Per tali settori, dunque, prosegue il divieto di licenziamenti collettivi o individuali per giustificato motivo oggettivo.

Per tutti gli altri settori, una volta terminata la fruizione degli ammortizzatori sociali ancora in corso, ci si dovrà interrogare su come poter gestire il personale per far fronte alla perdurante situazione di incertezza economica.

Quali strumenti, dunque, vengono in soccorso?

Le opzioni possono essere sintetizzate nell’alternativa tra la conservazione dell’occupazione – eventualmente con una riduzione dell’orario di lavoro – e il ricorso allo strumento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero collettivo.

Nel primo caso, sarà necessario un accordo scritto tra le parti da concludere in sede protetta. Infatti, secondo quanto dispone l’art. 8, comma 2, D. Lgs. 81/2015, la riduzione dell’orario di lavoro e, conseguentemente, la trasformazione del rapporto, deve risultare da accordo scritto idoneo a manifestare la volontà del lavoratore di procedere in tal senso.

Diversamente si dovrà agire, a seconda del numero di recessi, con il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ovvero collettivo, con ogni relativo onere.

Ma la sfida, se possiamo chiamarla tale, non risiede nell’utilizzo di sistemi di riduzione del numero degli occupati, per ridurre i costi dell’impresa.

La perdita che i licenziamenti generano è principalmente professionale, si disperdono veri e propri patrimoni di conoscenza, nonché umana.

Dunque la “sfida” sta nel riuscire a ridurre i noti costi con equi bilanciamenti e, perché no, sacrifici per ambo le parti del contratto, conservando però l’occupazione.

Oggi, grazie ad un mix di interventi è possibile agire in questo senso.