Obbligo di Green Pass

Riflessioni sull'assenza ingiustificata

Assenza del lavoratore privo di green pass e interesse del datore di lavoro

A cura dell’Avv. Chiara Pulvirenti, della Dott.ssa Eleonora Peluso e del Dott. Lorenzo Cola

Con il D.L. 127/2021, pubblicato in G.U. il 21 settembre e in vigore dal 22 settembre 2021, è stato introdotto il divieto per tutti i lavoratori – sia in ambito pubblico che privato – sprovvisti di certificazione verde, c.d. green pass, di accedere ai luoghi di lavoro.

Pertanto, dal 15 ottobre 2021 fino al 31 dicembre 2021 – termine dello stato di emergenza – i datori di lavoro (ed equiparati) sono tenuti a vigilare sul rispetto di tale norma.

Questi ultimi, entro il 15 ottobre 2021, devono aver definito le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche. In difetto, è prevista una sanzione amministrativa da € 400,00 ad € 1.000,00.

Il lavoratore sprovvisto di green pass, al quale non è consentito accedere al luogo di lavoro, viene considerato assente ingiustificato fino alla presentazione del certificato in parola o, in ogni caso, sino alla fine del periodo emergenziale.

Per i giorni di assenza, è prevista la sospensione della retribuzione, compenso o qualsiasi altro emolumento, senza alcuna ripercussione sul piano disciplinare.

È previsto altresì il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.

Su tale ultimo aspetto, occorre interrogarsi e chiedersi se la norma abbia, in questo caso, superato la questione dell’interesse del datore di lavoro a continuare a ricevere la prestazione dopo un lungo lasso temporale di assenza.

L’ordinamento già prevede altre ipotesi nelle quali vi è, per il lavoratore, il diritto al mantenimento del posto di lavoro, come, ad esempio, nel caso di malattia, per la quale è previsto un periodo massimo di assenza tollerata, c.d. periodo di comporto, decorso il quale il datore di lavoro è legittimato a recedere dal contratto.

Una diversa ipotesi è quella del lavoratore sottoposto a pena detentiva, per la quale non sussiste una garanzia alla conservazione del rapporto di lavoro.

Infatti, in siffatta circostanza, se da un lato si gravita nel contesto giuridico dell’istituto della “impossibilità sopravvenuta” dell’obbligazione ex artt. 1463 e ss. cod. civ., dall’altro, ai fini della risoluzione del contratto, occorre aver riguardo alla mancanza per il datore di lavoro di un interesse apprezzabile all’adempimento della prestazione. (in tal senso Cass. 10 marzo 2021, n. 6714).

L’interrogativo è se l’assenza ingiustificata ai sensi del D.L. 127/2021, per certi versi, sia assimilabile alla situazione ora descritta. E difatti, anche in questo caso, per il datore di lavoro potrebbe venir meno l’interesse a ricevere la prestazione di un lavoratore privo di green pass, che sia assente per un considerevole periodo di tempo.

Ciò, in particolare, in ragione del fatto che, allo stato attuale, non è prevedibile con un ragionevole grado di certezza il termine dello stato di emergenza e, di conseguenza, l’eventuale ulteriore periodo di conservazione del posto.

A tal punto, è evidente che, senza addentrarsi nello spinoso tema dell’obbligo vaccinale, è più che auspicabile un intervento da parte del legislatore che, laddove estendesse nel tempo la norma, dovrebbe regolare, ed ancor prima considerare, la posizione del datore di lavoro. In particolare, sarebbe opportuno consentire a quest’ultimo di parametrare la propria scelta relativa alla conservazione del posto di lavoro sulla base di criteri oggettivi, e cioè con riferimento alle esigenze dell’impresa. Non può, infatti, non tenersi conto delle dimensioni dell’impresa, del tipo di organizzazione tecnico-produttiva, della natura ed importanza delle mansioni del lavoratore, del già maturato periodo di sua assenza, della ragionevole prevedibilità di ulteriore durata dell’impossibilità, della possibilità di affidare temporaneamente ad altri le mansioni e, più in generale, di ogni altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della tollerabilità dell’assenza.

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