Appalti: 5 problematici passi indietro
Sono trascorsi 5 anni da quando la Legge n. 92/2012 introdusse due correttivi rispetto alle previsioni relative alla responsabilità dell’appaltante, cercando in tal modo di temperare l’aspetto, già allora particolarmente rilevante, della responsabilità afferente il committente dovuta agli inadempimenti dell’appaltatore relativi suoi dipendenti. Furono pertanto introdotti due temperamenti costituiti dalla possibilità per il CCNL di prevedere contratti “ad hoc” che sostituivano la responsabilità solidale, nonché l’escussione preventiva ed obbligatoria del debitore principale vale a dire del datore di lavoro appaltatore.
Ora con il DL n. 25/2017 si torna, in maniera piuttosto clamorosa, a ciò che aveva preoccupato il Legislatore, tanto da indurlo a ridurre gli effetti di un regime che, oggi come allora, appare eccessivo.
Ma andiamo al nocciolo della questione rappresentato dalla nuova normativa. L’effetto è il ripristino in capo al committente dell’intero rischio rappresentato dalle richieste che nei suoi confronti può rivolgere il dipendente, non il suo collaboratore, come sarebbe normale, ma il dipendente dell’appaltatore il quale potrà chiamare in causa il solo committente.
Appare evidente la difficoltà nella quale quest’ultimo si troverà, atteso che del rapporto di lavoro “altrui” non conosce nulla, non conosce ad esempio se quel lavoratore ha effettivamente reso lavoro straordinario, quali sono state le mansioni che ha disimpegnato e per quanto tempo e così via. Eppure nei suoi confronti possono essere rivolte domande quali il pagamento del compenso per lavoro ulteriore rispetto a quello ordinario, per differenze retributive dovute al diverso inquadramento del quale si chiede l’accertamento e così via. A tutto ciò deve sommarsi anche la questione afferente il versamento dei contributi, anche qui il committente potrà trovarsi esposto a domande di tal genere senza conoscere, in realtà, come il datore di lavoro effettivo si sia comportato, e se quel comportamento costituisca adempimento o meno dell’obbligo del versamento dei contributi.
Bastano questi pochi esempi per far comprendere fino a che punto oggi si può essere esposti in questa materia, perché, al di là di tante osservazioni che sono state fatte, è vero che è stata introdotta una ipotesi di responsabilità oggettiva del committente.
Poiché coloro che operano in questo, periglioso, campo con le norme devono confrontarsi tutti giorni, allora sul piano pratico è necessario porre l’attenzione sul cosa si può effettivamente fare per, almeno in parte, proteggersi, restando nel frattempo forte la speranza che qualche correttivo normativo venga introdotto, quanto meno per creare un meccanismo che dia la possibilità di chiamare in giudizio il datore di lavoro effettivo.
L’attenzione va posta all’introduzione di opportune clausole a livello contrattuale. Ci si riferisce a previsioni che, nell’ambito dei rapporti contrattuali tra committente ed appaltatore possano contenere gli effetti di una simile responsabilità.
Cosicché il rilascio di fideiussioni nonché l’introduzione clausole costituenti una garanzia c.d. propria, sono assolutamente necessarie, affinché in tal modo si possa coinvolgere, sia patrimonialmente che processualmente, colui che potrebbe essersi reso responsabile di inadempimenti nei confronti dei propri lavoratore.
Ed in tale ambito deve essere valutata anche la possibilità di accedere ad un contratto di prossimità (ex art. 8 D.L. n. 138/2011 convertito in L. n. 148/2011) riportando la situazione a quanto in precedenza esisteva prima dell’ultima modifica legislativa.