Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il repechage e la reintegrazione

A cura di Paolo de Berardinis e Margherita Camilli

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il repechage e la reintegrazione

Il mancato puntuale assolvimento dell’obbligo di repechage non comporta la tutela reintegratoria, ma solo quella indennitaria di cui all’art. 5 St Lav.

Che l’impossibilità di diversa ricollocazione del dipendente non sia elemento costitutivo del giustificato motivo oggettivo è affermato dalla stessa disposizione di legge, laddove, nella seconda parte del comma7, considera, ai fini della differenziazione della tutela del lavoratore, “il fatto posto a base del licenziamento” e le altre “ipotesi in cui […] non ricorrono gli estremi  del predetto giustificato motivo (oggettivo)” ; da tali locuzioni  si evince che:

  1. il fatto legittimante, in forza dell’aggettivo verbale “predetto”, altro non è che il giustificato motivo oggettivo in senso essenziale, sicché la norma, pur nelle due articolazioni propositive, dimostra di riferirsi alla medesima situazione;
  2. poiché tuttavia vengono distinte le “altre ipotesi” del giustificato motivo oggettivo si deve necessariamente concludere che il “fatto a posto a base del licenziamento” alluda al giustificato motivo oggettivo in senso essenziale, ossia individuato nei suoi due unici elementi costitutivi (evento riorganizzativo dell’impresa e nesso di causalità con la soppressione del posto di lavoro) – mentre l’altra espressione non può che fare riferimento agli ulteriori elementi accessori, tra cui l’impossibilità di altra proficua ricollocazione alternativa in ambito aziendale del lavoratore licenziato”.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve sempre essere disposto a seguito dell’assolvimento dell’onere di repéchâge. Occorre prospettare al lavoratore eventuali mansioni compatibili, anche inferiori.

Trib. Milano 5.11.2012, in Riv. It. Dir. Lav. 2013, II, 654

“E ‘illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ma non è ravvisabile la manifesta insussistenza del fatto, se il datore di lavoro, al cospetto della cessazione di un appalto, non provi l’impossibilità di utilizzare il lavoratore in relazione a diversi appalti. In mancanza di prova quanto ad eventuali profili di arbitrarietà della decisione datoriale, l’esistenza del fatto addotto dal datore a fondamento del recesso impedisce la configurazione del licenziamento come ritorsivo o discriminatorio”

Trib. Roma, 08-08-2013, T. Milano 20.11.2012, Mass. giur. lav., 2013, 747

La manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo non riguarda l’inutilizzabilità aliunde (c.d. repêchage), sicché in caso di mancata prova di questa circostanza il licenziamento è ingiustificato, ma è applicabile solo la tutela indennitaria prevista dall’art. 18, comma quinto, Stat. Lav.”