Noterelle Operative Gennaio 2024
GENNAIO 2024
1. La Corte Costituzionale ed i contratti di prossimità: spunti operativi (C. Cost., 28 marzo 2023, n. 52). A cura di Paolo de Berardinis
La lettura della pronuncia del Giudice delle Leggi n. 52/2023, il cui estensore, non certo a caso, è il dr. Amoroso (già presidente della Sezione lavoro della Corte di Cassazione) offre anche una serie di spunti di carattere operativo.
Vediamo brevemente quali sono i passaggi salienti della pronuncia che, in buona sostanza confortano, il ricorso, a determinate condizioni, dei contratti di prossimità come noto introdotti dall’art. 8 del D.L. n. 138/2011, convertito nella Legge n. 148/2011.
Seppure la sentenza bolla come inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’Appello di Napoli, ciò nondimeno nella pronunzia vengono citati alcuni rilevanti punti che riguardano due profili piuttosto critici, vale a dire, da un lato, l’estensione dell’efficacia dei contratti di prossimità a tutti i lavoratori dell’azienda, anche se non firmatari del contratto o appartenenti al sindacato non firmatario ovvero dissenziente rispetto al contratto collettivo, e dall’altro lato, il perimetro entro il quale l’accordo in esame può validamente derogare le disposizioni contrattuali collettive quelle di legge.
Relativamente al primo aspetto viene sottolineato come la disposizione di legge preveda qualcosa di eccezionale rispetto alla norma civilistica contenuta nell’art. 1372 c.c., che limita l’efficacia dell’accordo contrattuale alle parti e solo “nei casi previsti dalla legge” è possibile estendere tale efficacia a terzi.
Ed è questo il caso dei contratti di prossimità per i quali la legge cita la necessità che l’accordo venga sottoscritto dall’associazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale. Tale concetto, si badi, è diverso da quello, più volte utilizzato dal Legislatore , noto come maggiore rappresentatività. Si tratta di un requisito più restrittivo e più rappresentativo proprio della specifica realtà aziendale, basato su di un criterio maggioritario tale da poter vincolare anche la minoranza, anche laddove la stessa sia dissenziente.
Non è certo poco, se si pensa alle tante incertezze che talvolta possono sorgere a causa delle lotte clandestine che esistono tra i vari sindacati “maggiormente rappresentativi”, che pongono continui distinguo, limiti all’applicabilità di un certo accordo e via dicendo. Qui, diversamente, una volta accertata l’esistenza del criterio maggioritario, il che non è difficile, potendosi richiedere alle parti sindacali il risultato della votazione dell’assemblea relativamente all’accordo di prossimità. In tal modo si può essere certi che il contratto è validamente applicabile, senza distinguo, a tutti i lavoratori dell’azienda.
L’ulteriore limite che la legge ha tracciato è quello che attiene alla finalità dell’accordo di prossimità. In merito va subito notato che l’efficacia generale della quale si è detto è collegata a campi molto ampi, nei quali ben possono trovare spazio programmi che riguardano il superamento di crisi aziendali, il mantenimento occupazionale, la qualità dei contratti di lavoro, l’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, gli incrementi di competitività del salario, gli investimenti e l’avvio di nuove attività.
Aspetti operativi
Non v’è dubbio che la Corte ha reso il suo valido contributo ad una effettiva, oculata, ed estesa applicazione, nei limiti consentiti, dei contratti di prossimità.
A ben vedere i temi che si possono affrontare risultano numerosissimi; talvolta a chi scrive è stato riferito che l’azienda era “ingessata” da determinati istituti contrattuali collettivi, ovvero da norme di legge che delimitavano l’operatività: bene oggi tutto questo può, rispettando i limiti dei quali si è detto, essere superato.
Se si riflette su quello che è il perimetro di operatività dei contratti di prossimità, si scorgono enormi opportunità che possono riguardare il costo del lavoro, il Welfare, l’ammodernamento dell’azienda, una diversa modalità di retribuire il lavoro. A questi temi se ne potrebbero aggiungere altri, particolarmente se legati all’occupazione, alla crescita professionale dei dipendenti e via dicendo.
Sempre a parere di chi scrive, si tratta di un’opportunità che non può essere tralasciata perché, per dirla tutta, specialmente in tempi quali quelli economicamente impegnativi che stiamo vivendo, è necessario avere una visione diversa, più ampia, inclusiva e diversa rispetto a quella sin qui posseduta.
2. Il datore di lavoro può controllare il computer aziendale del dipendente anche per fini disciplinari (Cass., 9 novembre 2021, n. 32760). A cura di Lorenzo Cola
Nel 2021, la Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 32760 del 9 novembre, ha fornito spunti di grande attualità operativa in merito dell’interpretazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Il tema, di notevole rilevanza, va opportunamente tenuto in considerazione dalle aziende, poiché vi sono particolari accorgimenti da adottare sul piano pratico-operativo.
La vicenda della quale si era occupata la Suprema Corte trae origine da un giudizio relativo all’accertamento della legittimità della sanzione disciplinare inflitta ad un lavoratore per aver fatto un uso improprio del computer aziendale assegnatogli per motivi di servizio. Il lavoratore, al quale era stato contestato di aver effettuato una serie rilevante di collegamenti a siti internet a carattere prevalentemente ludico e commerciale durante l’orario di lavoro, impugnava il provvedimento, chiedendone l’annullamento.
I giudici di legittimità, dopo gli esiti dei procedimenti di primo e secondo grado entrambi favorevoli al lavoratore, in virtù dell’applicazione dell’art. 4, L. n. 300/1970 ratione temporis applicabile (nella sua formulazione anteriore all’entrata in vigore del cd. Jobs Act del 2015), hanno confermato le sentenze di merito, motivando la propria decisione sulla base dell’assunto per il quale, ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori nella sua formulazione precedente rispetto alle modifiche intervenute ad opera del D.Lgs. n. 151/2015, i dati acquisiti dal datore di lavoro, relativamente all’utilizzo degli strumenti informatici di lavoro da parte del dipendente, non possono essere utilizzati per provare un inadempimento contrattuale del lavoratore.
Allo stesso tempo, la Corte chiarisce in via incidentale che i medesimi dati, successivamente alla novella apportata del cd. Jobs Act, possano invece essere utilizzati anche per verificare la diligenza del dipendente nello svolgimento del proprio lavoro, con tutti i risvolti disciplinari e di altra natura connessi.
La Corte di Cassazione chiarisce come, in seguito al cd. Jobs Act, viene dunque superato il tanto discusso tema dei cd. controlli difensivi, per il quale la distinzione tra finalità difensiva o meno dei controlli attuati dall’azienda assumeva rilevanza decisiva ai fini dell’assoggettamento della condotta datoriale ai presupposti di legittimità stabiliti dall’art. 4, L. n. 300/1970. Ed infatti, con la nuova formulazione della disposizione in parola, le informazioni ottenute per il tramite degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, come il computer aziendale, ben possono essere utilizzate dal datore di lavoro a prescindere dalla loro finalità difensiva, a condizione che siano soddisfatti gli adempimenti ed i requisiti di cui al comma 3 dell’art. 4, L. n. 300/1970, vale a dire:
(i) che sia stata data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti informatici e dell’effettuazione dei controlli;
(ii) che questi ultimi avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy (D.Lgs. n. 126/2003).
Aspetti operativi
È dunque di fondamentale rilevanza, alla luce della disciplina attualmente vigente “post Jobs Act”, che i datori di lavoro provvedano ad una corretta ed attenta redazione di policy aziendali precise e dettagliate, di regolamenti per l’utilizzo degli strumenti di lavoro, nonché delle informative privacy che regolano il trattamento dei dati personali dei dipendenti acquisiti per il tramite dei computer aziendali, nel rispetto dei principi di correttezza e trasparenza.
Se tanto non viene posto in essere, le informazioni raccolte attraverso i controlli effettuati sugli strumenti informatici di lavoro non saranno utilizzabili ai fini disciplinari.
Non da ultimo segnaliamo la opportunità –vera e propria necessità in verità – di non consentire l’uso del PC per finalità che esulano dall’attività lavorativa. In tal modo si eviteranno quelle commistioni che rendono difficoltosi eventuali, necessari, controlli del contenuto del predetto PC.