Rassegna Stampa dBM

LEGALE CONOSCENZA DI UN ATTO DA PARTE DEL DIPENDENTE NEL RAPPORTO DI LAVORO, a cura di Vincenzo Mozzi

Svariati sono i casi nei quali si pone l’interrogativo che riguarda il momento della produzione degli effetti di un atto, inviato al destinatario a mezzo raccomandata.

Nel campo del rapporto di lavoro questi casi rivestono, molto spesso, anche una intrinseca e determinante rilevanza. Si pensi alla comunicazione di recesso, ovvero a quella afferente alla contestazione disciplinare, ed ancora relativamente al trasferimento del lavoratore, ovvero alla comunicazione del mutamento dell’orario di lavoro è così via. Si tratta di aspetti, come detto, rilevanti in quanto ciò che si deve stabilire è se il datore di lavoro possa ritenere conosciuto dal proprio collaboratore il provvedimento di cui quest’ultimo è il destinatario, e da quando tale conoscenza può essere ritenuta effettivamente tale.

Il tema è recentemente tornato all’attenzione dei giudici, i quali si sono da ultimo pronunciati come si leggerà nel prosieguo del presente articolo (Cass., sez.lav., 31 maggio 2023, n. 15397).

La raccomandata può intendersi consegnata nel momento in cui è stato rilasciato l’avviso di giacenza del plico all’indirizzo del dipendente.

Accanto all’orientamento prevalente di cui si scriverà, bisogna dar conto dell’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale minoritario – e meno recente – che, in senso contrario, individua nel termine di 10 giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore, il momento in cui si realizza la presunzione legale di conoscenza. Questo indirizzo muove dalla necessità di operare un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1335 c.c., nel rispetto del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. Sul solco di tale orientamento si pone una pronuncia della Suprema Corte, resa in un procedimento riguardante l’impugnazione di una delibera condominiale, secondo cui “la comunicazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore” (cfr. Cassazione civile sez. lav. 14/12/2016, n. 25791).

Successivamente, la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 22.2.2019, richiamando la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 28.9.2018 n. 23589; Cass. civ., Sez. lav., 31.3.2016, n. 6256), ha sancito il principio di diritto che ha mutato orientamento, affermando che, ai sensi dell’art. 1335 cod. civ., la lettera di contestazione si deve presumere conosciuta dal dipendente nel momento in cui il portalettere ha lasciato l’avviso di giacenza presso la sua abitazione, essendo invece irrilevante il periodo legale di 30 giorni necessario ai fini del compimento di detta giacenza (In ragione di ciò, il dies a quo di decorrenza del termine di 5 giorni per la presentazione, da parte del dipendente, delle giustificazioni – dalla cui scadenza decorreva il successivo termine di 30 giorni per la spedizione allo stesso della lettera di licenziamento – era costituito dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza e non dalla data – di 30 giorni successiva – in cui si era verificata la compiuta giacenza. Su tale presupposto, l’invio della lettera di licenziamento è stato considerato tardivo dal Collegio milanese, in quanto avvenuto oltre il termine finale stabilito dal CCNL di settore e valutato come violazione formale e non sostanziale, a cui è conseguita l’applicazione della c.d. “tutela indennitaria debole”: indennità risarcitoria da 6 a 12 mensilità).

Questo principio riverbera i suoi effetti, in particolare, sul lavoratore dipendente ed i termini di decadenza entro cui questo dovrà presentare le giustificazioni in seguito alla contestazione disciplinare (pari a 5 giorni) ed impugnare il licenziamento (entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione scritta da parte del datore di lavoro ed il successivo termine di 180 giorni entro cui dovrà depositare il ricorso nella cancelleria del Tribunale).

Occorre, dunque, sul tema distinguere due diversi casi: a) quando è presente la cartolina verde ovvero quando questa manca; b) come si declina la presunzione di conoscenza nei due citati casi?

a) Qualora il licenziamento sia stato intimato con lettera raccomandata, a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, a tale indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale (Cass. civ., Sez. Lavoro., n. 20519/2019; Cass. civ. Sez. lavoro, ord., 28.9.2018, n. 23589).

Si precisa che, a fronte della contestazione che l’atto sia mai pervenuto all’indirizzo del destinatario – per poter ritenere operante la presunzione legale di conoscenza ex art. 1335 c.c., è necessario che il datore di lavoro fornisca la prova delle esatte modalità con le quali è stata eseguita la notifica dello stesso a mezzo del servizio postale, producendo la documentazione attestante agli adempimenti svolti dall’agente postale incaricato della consegna (cartolina con le indicazioni relative all’indirizzo del destinatario, alle ragioni della mancata consegna, al deposito del plico presso l’ufficio postale, al mancato ritiro dello stesso ed alla data di restituzione al mittente, il tutto sottoscritto dall’agente postale autore delle relative annotazioni; cfr. Cass. nn. 16451/2018 e 19232/2018).

b) Diverso è l’altro caso (mancanza della cartolina) sul quale si è pronunciata la Suprema Corte, Sez. Lavoro, con la sentenza n. 15397 del 31 maggio 2023: la lettera di licenziamento, inviata dal datore a mezzo raccomandata, si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del lavoratore, salvo che questi provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Nel caso di assenza della cartolina nella cassetta postale del dipendente, è idonea ad integrare la predetta presunzione di conoscenza la produzione, da parte del datore, della ricevuta di invio della raccomandata (contenente la lettera di recesso) e della documentazione, estratta dai dati informatici di Poste Italiane, dalla quale si desuma la mancata consegna della stessa, il suo deposito presso l’ufficio postale nonché la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza. In altre parole, il licenziamento a mezzo raccomandata è efficace anche senza l’avviso di giacenza nella cassetta postale del lavoratore, principio già enunciato anche nella sentenza dei Giudici di legittimità con una pronuncia di fatto anteriore a quella qui in commento (Cass. 5 aprile 2023 n. 9427).

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