Noterelle Operative - Settembre 2022

Noterelle Operative – Settembre 2022

1. Rapporto di lavoro dirigenziale ed indennità sostitutiva delle ferie (Cassazione n. 18140/2022).

La sentenza

La pronunzia riconosce al dirigente, nel caso un dirigente-medico, il diritto a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso.

Il motivo della decisione, che rispetto ad altre precedenti sentenze che avevano negato il diritto in questione allorquando si trattava di rapporto dirigenziale, risiede nel fatto che – in questo caso- il dirigente aveva documentato l’impossibilità per lo stesso di godere dei periodi feriali, attese le esigenze della struttura ospedaliera ed in particolare del suo reparto.

In una simile condizione di lavoro l’autonomia, che un dirigente possiede essendo connaturale al ruolo che occupa, non rileva. Dunque, sono le esigenze di servizio a prevalere non potendosi imputare al dirigente di non aver correttamente goduto delle ferie nel corso del suo rapporto di lavoro.

La sentenza cita, altresì, un aspetto che attiene alla relazione tra il dirigente ed il proprio datore di lavoro, sottolineando come quest’ultimo debba dare avviso al primo in merito alla sua situazione delle ferie c.d. arretrate, nonché invitarlo formalmente ad usufruire, facendo chiaro che al mancato godimento delle ferie conseguirà, alla cessazione del rapporto, la perdita del diritto alle stesse per cui alla monetizzazione.

Osservazioni operative

Il costo dell’indennità sostitutiva delle ferie per un dirigente può costituire un considerevole importo, tantopiù in relazione agli oneri contributivi che genera ed ai riflessi che, a seconda delle previsioni contenute dai vari contratti collettivi che riguardano la categoria, si avverano rispetto agli altri istituti contrattuali, sicché la questione va trattata con attenzione.

Oggigiorno, in genere, i cedolini paga evidenziano i giorni di ferie maturati, per cui il dirigente ne viene costantemente informato e tanto è sufficiente. È bene dunque verificare questo aspetto e, laddove mancasse questo dato farlo inserire nel prospetto mensile indicato.

Mentre, a meno che non vi siano condizioni operative del tutto particolari, come quelle afferenti il caso esaminato dalla Corte di Cassazione con la pronunzia citata, sembra davvero eccessivo pretendere che il datore di lavoro debba anche informare il proprio dirigente in ordine alle conseguenze del mancato godimento delle ferie.

Infine, è condivisibile, e si andrà sempre più affermando, il principio secondo il quale non è addebitabile al dirigente il mancato godimento delle ferie laddove, oggettivamente, questo avrebbe potuto pregiudicare la corretta gestione dell’attività aziendale. Per cui ciò che rileva sono le specifiche condizioni oggettive nelle quali il dirigente si trova ad operare, delle quali è bene avere traccia.

 

2. Provvedimenti disciplinari loro illogicità (Cassazione n. 22115/2022).

La sentenza

La pronunzia attiene ad un tema delicato come sempre sono i provvedimenti disciplinari. Nel caso vi è qualcosa di più, viene infatti in rilievo il comportamento datoriale relativamente alla comparazione tra provvedimenti disciplinari comminati, in misura diversa, a più dipendenti.

Il punto, dunque, attiene sia alla logicità della sanzione che alla non discriminazione, aspetti che investono il profilo della legittimità del provvedimento imputato.

In genere la comparazione dei provvedimenti disciplinari è stata ritenuta operazione irrilevante, nel senso che ciò che conta è il fondamento del provvedimento disciplinare in sé piuttosto che la diversa sanzione applicata ad altro prestatore di lavoro. Ma se questo è vero, si osserva nella pronunzia, vi è un limite laddove vi sia identità di situazione e differenza di reazione.

In tal caso la disparità di trattamento configura un comportamento illogico che, se non giustificato, comporta l’illegittimità, nel caso, del recesso in quanto, la facoltà disciplinare del datore di lavoro, che riguarda anche la scelta del provvedimento disciplinare da adottare, non è priva di confini.

Osservazioni operative

Nel contesto della procedura disciplinare il distinguo tra una situazione ed un’altra, forse solo apparentemente simili, deve essere rintracciabile già nella lettera, di contestazione, con la quale il comportamento inadempiente viene reso noto al lavoratore ai sensi dell’art. 7 della L. n. 300/1970.

Quello è il momento più rilevante e, in definitiva, quello essenziale tenuto conto che con la contestazione si cristallizza la situazione, per cui i fatti oggetto della contestazione stessa che, conseguentemente, non possono essere modificati.

Sicché, contenuti generici, oltre che essere contrari agli obblighi di specificità connessi con la possibilità del lavoratore sia di comprendere che di rendere le sue giustificazioni, sono inutilizzabili anche per rendere i necessari distinguo tra l’una e l’altra situazione, legittimando in questo modo il differente provvedimento disciplinare adottato che pertanto non potrà essere ritenuto illogico o, peggio, discriminante.

Situazioni quali l’esistenza di precedenti disciplinari, la commissione di fatti che, sebbene non contestati possono comunque esser fatti valere quali elementi utili per apprezzare l’intero contesto (c.d. fatti storici) vanno precisati e, occorrendo, spesi per fugare la possibilità della illegittimità del provvedimento disciplinare.

 

3. Indagini private relative a comportamenti illeciti e loro possibile illegittimità (Cassazione n. 25287/2022).

La sentenza

È noto che taluni comportamenti illeciti commessi dai lavoratori dipendenti, vengono accertati attraverso attività svolte da investigatori (c.d. detective).

Una delle ipotesi più frequenti è quella relativa al godimento (o sviamento) dei permessi previsti dalla legge n. 104/1992, godimento che si traduce nel compimento di attività che nulla hanno a che fare con il soggetto assistito.

Si tratta di fatti che, poiché avvengono al di fuori del contesto lavorativo, non possono che essere accertati attraverso il tipo di indagine di cui si è detto.

La sentenza, nella sua parte di maggior interesse, dopo aver ribadito il principio che l’accertamento non può riguardare l’adempimento dell’obbligazione lavorativa, che va accertato direttamente dal datore di lavoro, si concentra sula condizione di legittimità dell’accertamento ispettivo, che deve avere ad oggetto attività illecite commesse dal prestatore.

Ebbene, è proprio la presenza, ovvero anche solo il sospetto, dei predetti comportamenti illeciti che legittima lo svolgimento delle indagini. Di contro, laddove il datore di lavoro non abbia elementi a sua disposizione ma, nonostante ciò compia le predette indagini, allora queste vanno ritenute illegittime.

Si tratta dei c.d. accertamenti “a strascico”, riferendosi alle attività di pesa non selettive, basati in definitiva su un mero tentativo in assenza di indizi concreti.

La Corte ha ritenuto che in tali ultime ipotesi, essendo gli accertamenti illegittimi, non possano costituire il fondamento del provvedimento disciplinare, nel caso, espulsivo.

La sentenza si pronunzia anche su di un secondo aspetto, considerando che la richiesta – inevasa- della consegna della documentazione relativa all’accertamento, abbia viziato il procedimento disciplinare. Più in particolare si precisa che, pur non sussistendo un obbligo ai sensi dell’art. 7 dello St. lav., il datore di lavoro deve comunque offrire al lavoratore incolpato la documentazione necessaria al fine di consentirgli un’adeguata difesa.

Osservazioni operative

Sulla prima parte della sentenza, vi è che per legge il “detective” deve ricevere dall’azienda, ovvero da un legale, il mandato a compiere le indagini delle quali qui si parla. È quella la sede nella quale il committente deve esplicitare i motivi per i quali l’indagine viene richiesta. La Corte, come detto, non pretende che siano già a conoscenza del datore i comportamenti illeciti, essendo bastevoli anche soltanto dei sospetti che però vanno enunciati e precisati. In altre parole, in sede di mandato va detto perché le indagini si rendono necessarie.

Facciamo un esempio riferendoci alla questione dei permessi ex L. n.104/1992.

Se il lavoratore chiede con una certa frequenza di godere dei permessi al venerdì o al lunedì, ovvero li “colloca ” per realizzare dei ponti in prossimità delle festività, ebbene questo è un dato da esplicitare in quanto, è ben difficile che la persona assistita abbia bisogno di essere adiuvata solo, guarda caso, nei predetti giorni. Potrebbe poi essere avvenuto che il lavoratore sia stato visto a svolgere attività di carattere personale, anche questo può (deve) esser detto senza obbligo di precisare la fonte, ma descrivendo il comportamento anomalo.

In tal modo è evidente che gli accertamenti non sono motivati da un generico interesse a pedinare il prestatore ma da dati che ben rendono chiaro il, probabilmente sussistente, comportamento illecito del lavoratore.

In merito al secondo aspetto, quello afferente la mancata consegna della documentazione relativa all’accertamento, vi è d dire che non si comprende se la contestazione era generica per cui andava integrata con le risultanze dell’indagine. Vi è da ritenere che questa fosse la situazione e, con tutta probabilità, il lavoratore aveva sia richiesta che motivato in merito alla sua esigenza difensiva.

Ad ogni buon modo è consigliabile che laddove una simile richiesta dovesse essere precisata, allora è bene darvi seguito considerando però che la parte dell’accertamento che deve trametterai attiene solo a quanto è stato contestato.