Infortunio sul lavoro: l’adozione di tutte le misure di prevenzione non basta ad escludere la responsabilità datoriale
A cura dell’avv. Chiara Pulvirenti
Con ordinanza del 21 settembre 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alle responsabilità del datore di lavoro quale destinatario – in quanto garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro – del generale obbligo di sicurezza.
Nel caso de quo, un lavoratore ricorreva al Giudice del Lavoro ravennate chiedendo di accertare la violazione delle norme antinfortunistiche, da parte della società datrice di lavoro (appaltatrice) e della committente, al fine di ottenere ristoro dei danni subìti durante l’attività lavorativa. L’INAIL, con successivo ricorso, proponeva azione di regresso nei confronti sia della società appaltatrice sia della committente.
Più specificamente, il lavoratore, durante il sollevamento di talune lamiere con il carroponte, era stato colpito dal carico per non essersi spostato nell’area sicura delimitata da segnaletica orizzontale.
I Giudici di merito, sia in primo grado sia in grado di appello, hanno ritenuto l’infortunio attribuibile esclusivamente al lavoratore, non essendo sufficientemente provata né l’assenza di formazione del lavoratore, né la predisposizione di procedure di sicurezza, né, tantomeno, l’omessa vigilanza datoriale. Peraltro, la condotta posta in essere dal lavoratore veniva considerata “anomala”.
La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso proposto dal lavoratore e dall’INAIL, ha ribaltato le valutazioni della Corte territoriale ed ha delineato i confini entro cui è legittimo invocare l’art. 1227, comma 1.
L’iter argomentativo della decisione parte dal presupposto che l’obbligo di sicurezza, in capo al datore di lavoro, si declina in tutte le misure che in concreto si rendano necessarie per tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore. E pertanto, occorre tener conto di specifici fattori di rischio, della obiettiva realtà aziendale, obblighi questi tali da includere la prevenzione di situazioni potenzialmente pericolose dovute ad imperizia, negligenza ed imperizia del lavoratore.
Sicché, al fine di escludere la responsabilità datoriale, è necessario non solo adottare ogni misura di sicurezza ed ogni precauzione idonea a scongiurare eventi dannosi, ma anche vigilare sull’effettivo rispetto degli strumenti di tutela forniti.
Da tanto deriva che la titolarità in capo al datore di lavoro, nel ruolo di “primo garante”, si arresta solo dinanzi alla duplice condizione che l’inosservanza ai doveri stabiliti dall’art. 20 D.lgs. 81/2001 non risulti neppure in parte ascrivibile al datore, e che non sussista il suo difetto di vigilanza o di altro soggetto responsabile, secondo la gerarchia del modello di gestione della sicurezza adottato nell’impresa.
Da un punto di vista probatorio, il datore, nei confronti del quale opera la presunzione ex art. 1218 cod. civ., deve dimostrare che non vi sia nesso di causalità materiale tra il fatto costituente l’inadempimento agli obblighi di sicurezza ed il danno verificatosi.
Nel caso in esame, la Corte di merito non aveva fatto corretta applicazione dei predetti princìpi, ritenendo come totalizzante la condotta del lavoratore definita “anomala”.
Tuttavia, come noto, l’evento dannoso è imputabile al lavoratore laddove la sua condotta rientri nel cosiddetto “rischio elettivo”, vale a dire nel caso in cui sia estranea, per cui non attinente all’attività lavorativa, ma frutto di una scelta solo personale.
Il ricorrente, nella specie, si era infortunato nel disimpegnare la prestazione lavorativa, per cui non si poteva concretare alcuna scelta arbitraria, esulante dalle proprie mansioni.
Alla luce delle considerazioni svolte, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore e dell’INAIL, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna.
L’ordinanza in parola rientra in un recente orientamento giurisprudenziale, maggiormente aderente al dato letterale delle norme antinfortunistiche.
Seppure queste ultime siano improntate al principio della massima sicurezza, anche tecnologicamente, possibile esistono rischi ineliminabili ancorché minimizzabili.
Inoltre, sembrerebbe che la minore rigidità delle pronunce più recenti sia volta ad accogliere il tentativo della Corte costituzionale (sent. 25 luglio 1996, n. 312) di contemperare la funzione garantista del citato principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, con l’esigenza di certezza in termini di più agevole individuazione ed attuazione delle misure di prevenzione, di cui parte datoriale è debitrice.