Il Piano degli spostamenti casa-lavoro e il mobility manager

Le nuove norme per la riduzione del traffico cittadino e la promozione della mobilità sostenibile.

Il Piano degli spostamenti casa-lavoro e il mobility manager

A cura di Federico Ubertis ed Eleonora Peluso

Dal 27 maggio scorso è entrato in vigore il Decreto del Ministero della Transizione ecologica, attuativo delle disposizioni dettate dalla Legge 17 luglio 2020 n. 77, in merito alla nuova figura del mobility manager e all’adozione di un Piano degli spostamenti casa-lavoro (c.d. PSCL).

In particolare, al fine di favorire il decongestionamento del traffico nelle aree urbane, il citato Decreto prevede che le imprese e le pubbliche amministrazioni con singole unità con più di 100 dipendenti, situate in un capoluogo di Regione o di Provincia, in una città metropolitana ovvero in un Comune con una popolazione superiore a 50.000 abitanti, adottino un Piano degli spostamenti casa-lavoro (PSCL) del proprio personale dipendente.

In concreto, il Piano, da adottarsi entro il 31 dicembre di ogni anno, dovrà predisporre misure idonee a garantire forme di mobilità sostenibili ed alternative rispetto all’uso dei mezzi di locomozione privati per gli spostamenti casa-lavoro dei propri dipendenti, con l’obiettivo di ottimizzare i suddetti spostamenti. Tali misure dovranno basarsi sulla valutazione delle effettive esigenze di mobilità, tenendo conto anche dell’offerta di trasporto presente nel territorio interessato.

Il Piano dovrà, inoltre, definire i benefici conseguibili per effetto dell’attuazione delle misure: essi dovranno riguardare non solo l’ambiente, ma anche l’economia e la produttività sia per l’impresa o pubblica amministrazione che attua il PSCL, sia per i dipendenti coinvolti.

Entro 15 giorni dalla definizione del Piano, lo stesso sarà trasmesso al Comune del territorio in cui è situata l’azienda o la pubblica amministrazione cui si riferisce, il quale potrà eventualmente apporvi, d’intesa con il mobility manager aziendale, le opportune modifiche.

Per far ciò, le imprese e le pubbliche amministrazioni dovranno avvalersi di una nuova figura professionale denominata mobility manager “aziendale”.

Allo stesso tempo, i comuni coinvolti dovranno nominare un mobility manger d’area, che avrà “funzioni di raccordo tra i mobility manager aziendali del territorio e di supporto ai comuni stessi nella definizione e nella implementazione di politiche di mobilità sostenibile”.

Entrambi i predetti ruoli dovranno essere ricoperti da soggetti “in possesso di un’elevata e riconosciuta competenza professionale e/o comprovata esperienza nel settore della mobilità sostenibile, dei trasporti o della tutela dell’ambiente” (art. 7).

Per le pubbliche amministrazioni, tale figura sarà scelta tra il personale in ruolo, mentre le imprese private dovranno assicurare che la persona scelta per ricoprire tale incarico sia in possesso dei requisiti sopra descritti.

Stando al dato letterale della norma, quindi, si potrebbe assegnare tale ruolo al Responsabile del Personale (ovvero un suo collaboratore) solo nell’ipotesi in cui lo stesso possegga le competenze sopra descritte. Diversamente dovrà essere previsto un corso di formazione ad hoc per quest’ultimo, ovvero, si dovrà identificare una diversa persona, eventualmente esterno all’azienda.

In conclusione, non è allo stato chiaro fino a che punto si debba considerare realmente “stringente” la disposizione relativa ai requisiti dei quali si è detto. Per cui, se effettivamente vi sarà la necessità di creare una nuova figura professionale, o se tale ruolo potrà essere ricoperto, anche nelle aziende private, da personale già presente.

Come avviene di solito, secondo quello che sembra essere un trend consolidato di una particolare legificazione, bisognerà attendere le circolari, le istruzioni e quant’altro, per identificare un aspetto sicuramente rilevante, ma c’è anche da considerare che altro potrebbe sopravvenire.