Smart working e infortunio sul lavoro

Il provvedimento amministrativo dell'Inail

Smart working e infortunio sul lavoro

È di qualche settimana fa la notizia di una donna di Treviso che, durante lo svolgimento del proprio turno di lavoro in smart working, in particolare nel corso di una telefonata aziendale, si è infortunata cadendo improvvisamente dalle scale della propria abitazione.

Il fatto è stato riportato sul Gazzettino e su altri giornali nazionali e ha avuto grande eco in ambito lavorativo, in quanto, a seguito di denuncia al datore di lavoro e segnalazione all’Inail, quest’ultimo ha dovuto riconoscere alla donna un risarcimento di 20 mila euro per il danno biologico oltre a visite e terapie gratis, senza obbligo di ticket, per i prossimi 10 anni.

In realtà, la qualificazione dell’evento come infortunio di lavoro non è stata così immediata: inizialmente, infatti, l’Inail aveva negato che potesse esserci un nesso tra la prestazione svolta e l’infortunio, per poi fare un passo indietro, a seguito di ricorso amministrativo presentato dal sindacato CGIL di Treviso.

Data l’impossibilità di leggere il provvedimento amministrativo con il quale l’Inail ha riconosciuto il risarcimento alla lavoratrice, si può soltanto dedurre quale sia stata la normativa presa in considerazione nell’iter logico e argomentativo che ha portato a tale decisione.

A tal proposito, va tenuto conto che la modalità di lavoro agile (o smart working) è stata regolata nel nostro ordinamento per mezzo della legge 22 maggio 2017 n. 81, il cui articolo 23 – rubricato “assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali” – dispone, al secondo comma, che il “lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali”

È necessario, dunque, che vi sia una diretta connessione dell’evento, nel caso di specie la caduta dalle scale, con la prestazione lavorativa, ossia la telefonata, con cellulare aziendale, che la lavoratrice stava effettuando con un proprio collega al momento dell’incidente.

Si è trattato di un riconoscimento importante, soprattutto se analizzato alla luce della crescente diffusione della nuova modalità di lavoro agile “emergenziale” o homeworking, ossia la forma semplificata di lavoro a distanza  adottata – a partire dal DPCM del 4 marzo 2020 e, da ultimo, prorogata fino al 31 luglio con il Decreto Riaperture (DL. 22 aprile 2021 n. 52)-  come misura anti contagio e di contrasto all’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Per mezzo di tale decisione, si chiarisce l’importanza, non solo in via teorica, del rispetto delle disposizioni che impongono al datore di lavoro obblighi di informativa dei lavoratori sui rischi specifici e generali connessi alle modalità di esecuzione del rapporto di lavoro e la necessaria cooperazione tra lavoratore e datore di lavoro nell’attuazione delle misure di prevenzione.

Eleonora Peluso