Gravidanza in costanza di preavviso e licenziamento: il recesso non è nullo
Con ordinanza n. 9268/2019, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ad un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato ad una lavoratrice in gravidanza.
La peculiarità del caso di specie derivava dal fatto che lo stato di gravidanza della lavoratrice attinta dal licenziamento è sopraggiunto in costanza di preavviso e, quindi, dopo la formale intimazione del recesso da parte del datore di lavoro.
Tanto sarebbe bastato, secondo la prospettazione attorea, a far presumere che il recesso datoriale sarebbe stato nullo per violazione dell’art. 54, comma 2, d.lgs. n. 151/2001: recita, infatti, la citata norma di legge che “il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l’esistenza all’epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano”.
Sennonché, proprio in considerazione del fatto che lo stato di gravidanza si presume esistente all’epoca del licenziamento solo se la lavoratrice alleghi “idonea certificazione”, il datore di lavoro resisteva all’eccezione di nullità deducendo che la perizia medica d’ufficio disposta in corso di causa aveva presunto che lo stato di gravidanza fosse insorto soltanto in costanza di preavviso.
In particolare, tale presunzione veniva ponderata facendo applicazione dell’art. 4 del D.P.R. n. 1026/1975, a mente del quale “per la determinazione dell’inizio del periodo di gravidanza … si presume che il concepimento sia avvenuto 300 giorni prima della data del parto, indicata nel certificato medico di cui al successivo art. 14”. Ciò con la precisazione che la presunzione in questione è, pur sempre, “relativa” e, come tale, superabile per effetto di una diversa prova che saranno le parti a dover fornire.
Nel nostro caso, la lavoratrice non forniva alcuna prova valida a sconfessare gli esiti della perizia d’ufficio, di modo che le sue doglianze venivano respinte. Al contempo, però, i Giudici di legittimità hanno ricordato che l’insorgenza dello stato di gravidanza in costanza di preavviso costituisce, comunque, un evento sufficiente a far avverare la condizione sospensiva di cui all’art. 2110, comma 2, Cod. Civ. e, dunque, a far differire gli effetti sostanziali del recesso sino alla conclusione del periodo tutelato dalla legge.
Invero, ai sensi di quest’ultima norma di legge, “in caso di … gravidanza … l’imprenditore ha diritto di recedere dal contratto … decorso il periodo stabilito dalla legge”. Da qui, in conclusione, l’enunciazione del seguente principio di diritto: “lo stato di gravidanza insorto durante il periodo di preavviso, se pure non è causa di nullità del licenziamento ai sensi dell’art. 54 cit. costituisce evento idoneo, ai sensi dell’art. 2110 c.c., a determinare la sospensione del periodo di preavviso”.