La giusta causa

nei rapporti di agenzia

La nozione di giusta causa nei rapporti di agenzia

Di seguito l’articolo dell’avv. Daniele Mariani pubblicato da Diritto24, sul tema del nozione di “giusta causa” e in particolare dei limiti entro i quali la previsione in vigore per il lavoro subordinato possa essere applicata anche ai rapporti di agenzia.

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La recente Ordinanza della Suprema Corte 17/4/2019 n. 10732 (Pres. Bronzini, Rel. Gugliemo Cinque) offre l’occasione per ricordare alcuni principi immanenti nell’ambito del contratto di agenzia, con particolare riferimento agli obblighi di lealtà, correttezza e buona fede sussistenti in capo ad entrambe le parti e meritevoli di adeguato vaglio giurisdizionale nel momento di scioglimento del rapporto per giusta causa (di una delle due parti): obblighi opportunamente declinati e valorizzati dalla Corte.

La decisione in scrutinio spicca per la particolare acutezza con cui il Supremo Collegio, muovendo proprio dalla causa del contratto, evidenzia come l’attività di promozione diretta dei contratti nell’interesse del preponente implichi “una serie di incombenze di contenuto vario e non predeterminato, che si sostanziano in vari diritti ed obblighi a carico di entrambe le parti.

In particolare la legge, con gli artt. 1748 e 1749 cod. civ., oltre a disciplinare con la norma di cui all’art. 1746 cod. civ. gli obblighi dell’agente, regola in modo particolare i diritti di questi e i corrispondenti obblighi cui è tenuto il preponente”, precisando che, proprio con riferimento a quest’ultimo (ma valga la reciprocità), la disposizione esige prima di tutto un comportamento improntato a lealtà e buona fede, che giuridicamente può qualificarsi come “obblighi di protezione”, cioè come concretizzazione della regola di correttezza quale clausola generale dei rapporti obbligatori intesi secondo la concezione moderna, prevedendo poi una serie di attività specifiche che possono individuarsi, invece, nella categoria degli “obblighi di prestazione“, che attengono più specificamente all’azione di adempimento.

La Corte ricorda, dapprima, che l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119 co. 1 c.c. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tenere conto, “per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza” (cfr. Cass. 26.5.2014 n. 11728; Cass. 4.6.2008 n. 14771).

Dà atto poi che la giurisprudenza costante e consolidata di legittimità ha affermato (Cass. n. 12 del 1977; Cass. n. 3942 del 1979; Cass. n. 6857 del 1982) che il recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c. si applica anche ai contratti di agenzia e che, in ordine alla nozione di giusta causa (Cass. n. 5072 del 1977), si è precisato che costituisce giusta causa di recesso del contratto di agenzia qualunque fatto che sia tale da incidere sul rapporto di fiducia proprio del contratto di agenzia e tale da arrecare comunque danno, diretto o indiretto, agli interessi delle parti.

La previsione dell’obbligo di comportarsi secondo lealtà e buona fede (espressamente contemplato nella direttiva CEE 653/86) – prosegue la S.C. – costituisce la prima statuizione dell’art. 1749 c.c. ed ha assunto un significato più profondo in relazione alla legislazione di fonte comunitaria – rispetto al generale obbligo di cui agli artt. 1175 e 1337 cod. civ. – perché consente al giudice di avere a disposizione un duttile strumento di valutazione del comportamento dei contraenti nella specifica tipologia contrattuale.

L’obbligo ex lege, quindi, non solo integra la prestazione principale ma si articola, oltre che in obblighi strumentali accessori e funzionali alla soddisfazione dell’interesse del creditore, anche in obblighi autonomi e reciproci rivolti a proteggere la sfera giuridica della controparte”.
Conclude quindi il Supremo Collegio che, nella valutazione della giusta causa di recesso, l’accertamento del giudice “non può essere limitato alla verifica delle violazioni delle norme contrattuali regolanti il solo rapporto agenziale” ma, in virtù dell’obbligo sancito dall’art. 1749 c.c., “deve considerare ogni invasione comunque lesiva, che viola i principi di lealtà e di buona fede, degli interessi delle parti”, assumendo rilievo “non solo i comportamenti che si riflettono in modo diretto ed immediato sul sinallagma del contratto di agenzia, ma anche quelli i cui effetti si concretizzano in maniera mediata ed indiretta sui rapporti tra le parti, purché idonei ad incidere sul rapporto fiduciario, particolarmente pregnante per tale forma di contratto, recando pregiudizio alle situazioni giuridiche soggettive dei contraenti”
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Nella fattispecie esaminata, la Suprema Corte ha concluso ritenendo non condivisibile l’assunto della Corte territoriale, secondo cui, la violazione che incide sulla sussistenza della giusta causa di recesso riguarda solo gli obblighi contrattuali inerenti i rapporti tra agente e Istituto bancario e non anche quelli di quest’ultimo verso terzi, “perché se le condotte “esterne” tenute dal preponente comunque arrecano disagio all’agente, esponendolo magari ad eventuali profili di responsabilità verso i medesimi terzi, o rendono più difficoltoso l’esercizio di attività lavorative o determinano una lesione dei diritti all’immagine e alla professionalità dell’agente medesimo nell’ambito della platea dei suoi clienti, ponendosi, pertanto, in contrasto con gli obblighi di buona fede e di lealtà, esse non possono essere estromesse dalla valutazione dell’incidenza della fiducia sul vincolo contrattuale e sulla possibilità di costituire giusta causa di recesso”.

Particolare attenzione, quindi, da parte dei preponenti anche a quegli aspetti che apparentemente fuoriescono dalla logica sinallagmatica direttamente legata all’adempimento tout court, ma che possono assumere rilevanza, nell’ambito della più ampia valutazione includente il rispetto degli obblighi di protezione, ai fini della tenuta giudiziale del recesso per giusta causa operato da una delle parti.

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