Contratto di trasporto e responsabilità solidale del committente: un breve quadro giurisprudenziale
L’art. 1, comma 248, l. 190/2014 (c.d. “Legge di Stabilità 2015”), novellando l’art. 83 bis d.l. 112/2008, convertito in l. 133/2008 in aggiunta ad alcune disposizioni contenute nel d.lgs .n. 286/2005 (rubricato “Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore”), ha introdotto un regime di responsabilità solidale del committente con riguardo all’istituto del contratto di trasporto.
In particolare, l’art. 83bis ult. cit., nella sua vigente formulazione, prevede:
– al comma 4bis, che “al fine di garantire l’affidamento del trasporto a vettori in regola con l’adempimento degli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, il committente è tenuto a verificare preliminarmente alla stipulazione del contratto tale regolarità mediante acquisizione del documento di cui al comma 4-sexies. In tal caso il committente non assume gli oneri di cui ai commi 4-ter e 4-quinquies”;
– al comma 4ter, che “il committente che non esegue la verifica di cui al comma 4-bis ovvero di cui al comma 4-quater è obbligato in solido con il vettore, nonché’ con ciascuno degli eventuali sub-vettori, entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi agli enti competenti, dovuti limitatamente alle prestazioni ricevute nel corso della durata del contratto di trasporto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni amministrative di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.
Ad una prima lettura, dunque, la differenza tra il regime di “responsabilità solidale del committente” in tema di contratti di trasporto ed il regime di “responsabilità solidale del committente” in tema di contratti di appalto consisterebbe in ciò che il primo tipo di responsabilità non trae la sua fonte dal sinallagma contrattuale tipico del contratto di trasporto (“stipulo, quindi sono responsabile”), bensì da un mancato – ovvero inesatto – adempimento di un “onere di verifica” che è antecedente alla stipula del contratto di trasporto.
Di conseguenza, laddove il Committente abbia adempiuto alle verifiche prescritte per legge, egli non dovrebbe essere soggetto al predetto regime di “responsabilità solidale”.
Fermo restando quanto sopra, la giurisprudenza di legittimità ha, peraltro, elaborato dei criteri al fine di accertare se un determinato contratto sia ascrivibile nel novero dei contratti di trasporto, ovvero nel novero dei contratti di appalto, con ogni conseguente distinguo in punto di regime di “responsabilità solidale” applicabile.
Tali criteri consistono, in buona sostanza, ne:
- la pluralità delle prestazioni, consistenti in una serie di trasporti collegati al raggiungimento di un risultato complessivo, e non una serie di sporadiche ed episodiche prestazioni di trasporto (Cass., 29 aprile 1981, n. 2620);
- la durata considerevole del rapporto sussistente tra appaltatore e committente, nonché la sua continuità, sistematicità ed esclusività (Cass., 29 aprile 1981, n. 2620);
- le modalità di determinazione e corresponsione del corrispettivo (Cass., 11 maggio 1982, n. 2926), che nell’appalto è, di regola, concordato in modo unitario per l’intera opera o servizio appaltato (Cass., sez. III, 13 marzo 2009, n. 6160);
- l’esecuzione di prestazioni ulteriori e aggiuntive, nell’ambito delle quali la prestazione complessiva di un servizio prevale su quella tipica di trasporto, con la conseguenza che il trasferimento di un bene tramite vettore non è più l’elemento caratterizzante l’opera oggetto del contratto (Cass., 11 maggio 1982, n. 2926).
I predetti criteri sono stati applicati dalla giurisprudenza di merito, sia pure con esiti variabili.
Parte della giurisprudenza, invero, propende per la “inapplicabilità del disposto di cui all’art. 29 Dlvo cit. al contratto di trasporto” (cfr. Trib. Roma 24 maggio 2016, n. 5141; Trib. Roma, ordinanza 1° marzo 2016, n. 2024) giacché trattasi “di norma di stretta interpretazione” (cfr. Trib. Milano 16 aprile 2014; Trib. Napoli 15 settembre 2015, n. 6824) che, come tale, non consente “di entrare a gamba tesa nell’ambito riservato alla discrezionalità legislativa” (testualmente, Corte App. Venezia 28 febbraio 2013, n. 117).
Altra giurisprudenza, invece, ritiene applicabile l’art. 29 ult. cit. anche ai contratti di trasporto laddove la tecnica redazionale del contratto oggetto di esame dissimuli, in realtà, un contratto di appalto tout court.