Lavoratore distaccato all'estero

diritto al mantenimento della propria retribuzione in caso di rientro

Il diritto del lavoratore distaccato all’estero alla conservazione del proprio trattamento retributivo

Ci è stato chiesto di verificare se il lavoratore distaccato all’estero abbia, oppure no, diritto a conservare, dopo essere rientrato in Italia, il medesimo trattamento retributivo già percepito in costanza di distacco.

Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sancendo che “il trattamento estero ha natura retributiva, tanto in presenza di una funzione compensativa della maggiore gravosità del disagio morale e ambientale, quanto nel caso in cui sia correlato alle qualità e condizioni personali concorrenti a formare la professionalità indispensabile per prestare lavoro fuori dai confini nazionali”, mentre “ha natura riparatoria il rimborso spese per la permanenza all’estero, che costituisce la reintegrazione di una diminuzione patrimoniale derivante da una spesa effettiva sopportata dal lavoratore nell’esclusivo interesse del datore, restando normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa richiesta per esigenze straordinarie, priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva” (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., sentenza del 27 luglio 2018, n. 20011).
Conseguenza della prima delle due statuizioni è che, nell’ottica dell’art. 2120, comma 2, Cod. Civ., la natura retributiva degli emolumenti corrisposti al dipendente durante lo svolgimento di attività lavorativa all’estero comporterà il loro computo nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), salvo che non ne venga dimostrata la natura meramente occasionale.

Tra questi emolumenti, in particolar modo, si annoverano:
– il c.d. “CoLA” (i.e.: “Cost of Living Allowance”), ossia quell’emolumento finalizzato a compensare la differenza tra il costo della vita del paese estero di assegnazione ed il costo della vita in Italia, sì da lasciare inalterato, per quanto possibile, il potere di acquisto del lavoratore distaccato;
– la c.d. “elargizione per abitazione”, ossia quell’emolumento corrisposto in via continuativa al lavoratore che si sia recato all’estero con i propri familiari al seguito (cfr., in proposito, Cass. Civ., Sez. Lav., sentenza del 3 agosto 2018, n. 20505).
Ebbene, con riguardo ai menzionati emolumenti, la giurisprudenza di legittimità ne ha riconosciuto la funzione compensativa della maggiore gravosità e del maggior disagio patiti dal lavoratore distaccato all’estero e, dunque, la loro natura retributiva.
È evidente, pertanto, che un simile riconoscimento implica ben più di una riflessione in punto di calcolo del TFR. Fermo restando, in ogni caso, che l’onere di provare la natura retributiva del trattamento economico goduto all’estero incombe sul lavoratore (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., sentenza del 22 novembre 2010, n. 23622).