Remunerazione del lavoro straordinario

L'articolo di Chiara Pulvirenti per Diritto24

“Se il lavoratore rivendica il lavoro straordinario deve provarne, da solo, l’effettiva consistenza”, l’articolo di Chiara Pulvirenti per Diritto24

Di seguito l’articolo a firma della d.ssa Chiara Pulvirenti pubblicato da Diritto24 in merito all’onere probatorio a carico del lavoratore circa l’effettiva consistenza delle ore di lavoro straordinario al fine di rivendicarne la remunerazione.

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Con sentenza del 16 gennaio 2020, il Tribunale di Bari rigettava un ricorso presentato da un lavoratore che rivendicava la remunerazione delle ore di lavoro straordinario prestate in favore della Società datrice di lavoro.

Il rigetto era determinato dall’assenza di una prova piena e rigorosa circa l’esatta collocazione temporale di siffatte prestazioni di lavoro straordinario; ciò sebbene, come ricordato dal Giudice barese, gravi proprio sul ricorrente “l’onere di provare non solo lo svolgimento di lavoro straordinario ma anche la sua effettiva consistenza senza che al riguardo possano soccorrere valutazioni di tipo equitativo”.

Il principio giurisprudenziale ribadito dal Tribunale di Bari fa sorgere qualche riflessione nel vigente scenario ed in quello di prossima attuazione. Di fatti, con il progredire delle varie “fasi”, i locali aziendali torneranno a ripopolarsi di forza lavoro che, verosimilmente, dovrà trattenersi oltre l’orario di lavoro per recuperare il gap produttivo che ha contraddistinto l’intera “fase 1”. A tal fine, onde ridurre il rischio di contenziosi, si rivela indispensabile regolamentare, in modo stringente, il ricorso al lavoro straordinario.

Nel fare ciò, ovviamente, non vanno dimenticate le misure di sicurezza contemplate dal “Protocollo condiviso di regolamentazione del contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto tra le parti sociali il 14 marzo 2020, e rinnovato in data 24 aprile 2020, tra cui spiccano il distanziamento sociale non inferiore ad un metro ed il ricorso allo smartworking, soprattutto per lavoratori invalidi, immunodepressi e con figli di età inferiore a 14 anni “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19” (prevista per il 15 ottobre p.v.: cfr. art. 90, comma 1, d.l. n. 34/2020, convertito con modificazioni in legge n. 77/2020, nonché art. 1 del d.l. n. 83/2020).

Con riferimento alla categoria degli smartworkers segnaliamo, peraltro, che l’art. 18 della L. 81/2017 stabilisce che “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Sicché, per questa tipologia di lavoratori, occorrerebbe definire l’orario di lavoro attraverso non tanto un accordo che contempli il ricordo a prestazioni di lavoro straordinario – su cui molti dubitano – quanto il notorio diritto alla “disconnessione” del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro, stante il disposto dell’art. 19 della citata legge.

 

L’articolo è disponibile anche in PDF a questo link.