Indennità di maternità alle top manager

l'orientamento giurisprudenziale

Maternità e top management: un connubio possibile?

Di seguito l’articolo a firma dell’avv. Francesco Marasco pubblicato da Diritto24: una riflessione alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 7089/2020.

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Con sentenza n. 7089/2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ad un interessante caso di erogazione dell’indennità di maternità anche nei confronti di un “amministratore di società”.

Di certo, la maternità (come anche la paternità, del resto) costituisce un diritto costituzionalmente garantito a qualunque cittadino (cfr. art. 30 Cost.), che deve essere effettivamente fruito a prescindersi dalla tipologia di lavoro prestato; al fine di consentire tale effettività, la legge (cfr. d.lgs. n. 151/2001) impone che, per tutta la durata della maternità (o paternità), la lavoratrice-madre (come il lavoratore-padre) godano di idonei strumenti di compensazione e/o ammortizzazione del mancato reddito da lavoro non generato per quel medesimo periodo.

Tale circostanza – vale a dire: mancata percezione di redditi da lavoro – è tanto più vera nel caso di lavoratrici-madri iscritte alla Gestione Separata dell’INPS. Una circostanza, questa, che solo recentemente è stata presa in considerazione dal Legislatore con la modifica dell’art. 26 del d.lgs. n. 151/2001, estendendo il regime dell’indennità di maternità anche alla categoria delle lavoratrici-madri iscritte alla Gestione Separata dell’INPS (cfr. art. 13 della legge n. 81/2017).

La fattispecie esaminata dai Giudici di legittimità, tuttavia, si colloca in un periodo antecedente alla modifica in questione. Nel caso di specie, precisamente, l’INPS aveva negato l’erogazione dell’indennità di maternità in favore dell’amministratrice di società giacché ella avrebbe, durante la maternità, percepito “il compenso per l’attività di amministratore”: ragione per cui, a detta dell’Istituto, non si sarebbe concretizzato il “bisogno” della lavoratrice-madre di percepire emolumenti economici sostitutivi del mancato reddito da lavoro (ossia: l’indennità di maternità) relativamente al suddetto periodo.

Sennonché, per il Supremo Collegio, “la percezione dell’indennità opera … su un piano distinto rispetto allo stato di effettivo bisogno nel quale versi la donna in tale periodo”: di modo che “non osta quindi alla percezione dell’indennità di maternità la sussistenza di redditi che non siano collegati all’effettiva prestazione di attività lavorativa“, se la lavoratrice attesta (anche mediante autodichiarazione) di non aver prestato alcuna attività lavorativa.

Da qui, in conclusione, il rigetto delle tesi difensive dell’INPS.