L’abuso dei permessi ‘ex legge 104’
Con la sentenza del 9 luglio 2019 n. 18411, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ad una fattispecie di licenziamento per “giusta causa” avente ad oggetto l’indebito utilizzo di permessi ex legge n. 104/1992.
Questa, in sintesi, la fattispecie: ad un lavoratore veniva contestato di avere, dapprima, richiesto quattro giorni di permesso per assistere un parente (una zia) disabile e non di avere, poi, impiegato quelle giornate ai predetti fini assistenziali.
Nel corso dei due gradi di merito, conclusisi positivamente per la Società datrice di lavoro, veniva effettivamente dimostrato che per metà dei permessi richiesti dal lavoratore, questi “non era mai entrato o uscito dalla propria abitazione nell’arco orario compreso tra le 6.30 e le 21 e, dunque, non si era recato presso la (diversa) residenza della zia per fornire assistenza”. Per l’altra metà, invece, veniva dimostrato che “il lavoratore ha prestato assistenza alla propria zia”.
Anche sulla base di tale ultima circostanza, il lavoratore ricorreva dinnanzi alla Corte di Cassazione per sentir dichiarare l’illegittimità del licenziamento come sopra comminato.
I Giudici di legittimità, tuttavia, respingevano l’impugnazione del lavoratore, ritenendo che la “mancata assistenza” fosse stata sufficientemente provata per il sol fatto che la relazione investigativa versata in atti aveva dimostrato come il lavoratore “nelle giornate del 5 e 8 settembre 2015, non era né uscito né entrato nella propria abitazione”.
Pertanto, è stata reputata ininfluente la circostanza che parte dei giorni richiesti fosse stata effettivamente impiegata a fini assistenziali.
Il provvedimento in questione si inserisce in quel novero di pronunce della Suprema Corte di Cassazione, a mente delle quali l’assistenza al familiare disabile, seppure non continuativa, deve essere almeno effettiva. E, così, non è stata ritenuta effettiva, alla pari di quanto avvenuto nel caso in esame, l’assistenza prestata al familiare disabile per meno di “due terzi del tempo dovuto o … per metà del tempo dovuto” (Cass. Civ., Sez. Lav., 6 maggio 2016, n. 9217).