Provvedimenti Covid in materia di lavoro

Rendere ordinaria la straordinarietà

Il settore lavoro e i provvedimenti eccezionali dell’epoca Covid: come ricondurre la straordinarietà all’ordinarietà nel prossimo futuro?

A cura dell’avv. Paolo de Berardinis

 

Quella che sta trascorrendo è un’epoca assolutamente straordinaria, nel campo del diritto del lavoro sono stati dettati una lunga serie di provvedimenti che si connotano proprio per la loro spiccata straordinarietà. Due esempi per tutti: il blocco dei licenziamenti c.d. economici, la concessione della integrazione salariale a tutti i settori.

Sperabilmente questa epoca dovrà terminare, e così cesseranno i provvedimenti sin qui operanti, mentre ciò che non verrà meno, ed anzi da quel momento si accentuerà, sarà la necessità di studiare, progettare ed attuare modelli organizzativi del tutto diversi rispetto a quelli sin qui conosciuti.

In altri termini la straordinarietà dovrà essere prolungata attraverso mezzi ordinari, non potendosi oggettivamente ritenere che la nostra economia si regga su interventi statali continui ed a pioggia.

Ed allora uno spunto può esser dato considerando la possibilità di giungere a questo risultato in ragione della sottoscrizione degli accordi di prossimità, previsti dall’art. 8 del D.L. n. 138/2011 convertito n modifiche nella legge n. 148/2011.

Ci si sarebbe immaginati che una tale norma, che è in vigore sin dal 17 settembre 2011, tenuto conto della sua innovazione ed unicità, della possibilità di operare deroghe rispetto alle previsioni contenute dai contratti collettivi e, a certe condizioni, dalla legge, avrebbe avuto una diffusissima attuazione, ma ciò, sorprendentemente, non è avvenuto.

La disposizione di legge è dettata per il raggiungimento di assetti condivisi per il tramite di accordi collettivi, anche aziendali, confacenti rispetto a specifiche situazioni aziendali, accordi sottoscrivibili anche dalle RSA o dalla RSU, espressione delle associazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.

La legge inserisce tra le condizioni di legittimità degli accordi in questione, una serie di precise condizioni e tra di esse quella della gestione della crisi aziendale, ed è questa la condizione nella quale verosimilmente si troveranno molte aziende, a causa degli effetti della pandemia.

Non è questa la sede nella quale esaminare tutti gli aspetti di carattere tecnico-giuridico, dovendo però sottolineare come detti accordi per legge si estendono a tutti i lavoratori interessati dallo stesso, dato questo estremamente significativo che supera l’aspetto, a volte problematico, della estensione soggettiva dell’accordo collettivo.

Per entrare nel concreto ed esaminare alcune delle materie che possono essere regolate nel modo predetto, ve ne sono due che possono dare il senso della utilità dello strumento in questione. Si tratta della classificazione e dell’inquadramento del personale, ed ancora della disciplina dell’orario di lavoro.

Ora, a ben vedere due leve rilevanti, due possibilità di modificare l’assetto organizzativo anche riducendo i costi del lavoro, a fronte della sua stabilità, totale o parziale, questo perché la legge se da un lato acconsente a talune modifiche, dall’altra non concede che una sola delle parti si avantaggi dell’accordo, ma pretende che vi sia un finalità comune, come il mantenimento, anche parziale, dei livelli occupazionali.

Già da queste brevi notazioni può essere colto come le possibilità di applicazione sono davvero notevoli, anche a voler considerare solo le materie ora citate. Ma come la norma stessa cita ve ne sono altre di non minore interesse, come il part time, il regime di solidarietà negli appalti, la somministrazione, anch’esse opportunamente regolabili a misura delle esigenze concrete dell’azienda.

È evidente, e non si vuole sottovalutare questo profilo, che specialmente per la parte sindacale vi possa essere della ritrosia a confrontarsi su terreni di tal genere. Ma questo sarebbe un atteggiamento in fin dei conti perdente, specialmente se si pensa a quale è la posta in gioco che è quella occupazionale.

Ed allora sta, anche, alla parte datoriale far si che questo atteggiamento muti. Chi scrive è convinto che una opportuna e meditata preparazione del terreno, una effettiva trasparenza, la disponibilità a fornire dati ed elementi utili perché la “controparte” si senta “parte” dell’accordo ed artefice dello stesso, sono tutti strumenti che se opportunamente usati rendono raggiungibili obiettivi ambiziosi quali quelli in esame.

Dal canto suo la giurisprudenza che si è pronunziata nella materia dei contratti di prossimità – le pronunzie non sono numerosissime atteso il numero limitato uso di questi accordi – ha fornito alcune utili indicazioni, sia relativamente alla finalità degli stessi che deve necessariamente sussistere, per cui va espressa e deve essere concreta, vuoi in ordine alla modalità con la quale gli accordi vanno scritti. La chiarezza è stata ritenuta essenziale perché l’interpretazione dell’accordo consenta di cogliere tutti gli aspetti essenziali dello stesso, per cui il suo voluto. Si tratta di insegnamenti da considerare con attenzione, per superare l’eventuale vaglio giudiziale.

La possibilità che l’accordo collettivo di prossimità divenga oggetto di contenzioso se, da un lato, deve spingere ad osservare i precetti sopra indicati, dall’altro lato, non deve scoraggiare rispetto a quello che è, e rimane, uno straordinario strumento utilizzabile in circostanze anch’esse straordinarie.