Le parole contano … anche per il licenziamento del dirigente
Si discute, e si discuterà ancora a lungo, su quali siano le fattispecie di licenziamento effettivamente escluse dal divieto sancito dall’art. 46 del d.l. n. 18/2020 (c.d.: “Decreto Cura Italia”).
In particolare, eccettuate le ipotesi di licenziamento determinato da colpa o dolo del lavoratore (e, in generale, da motivi disciplinari), restano da vagliare i casi di licenziamento per superamento del periodo di comporto e di licenziamento del personale con inquadramento dirigenziale.
Orbene, per quanto concerne il primo caso, dopo un’iniziale incertezza giurisprudenziale in ordine alla “assimibilità” di tale fattispecie rispetto a quella del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (di recente, cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 10 gennaio 2017, n. 284), la Suprema Corte di Cassazione ha, definitivamente, propeso per la configurabilità del superamento del periodo di comporto ex art. 2110 Cod. Civ. quale “causale” di licenziamento a sé stante: in altri termini, “il superamento del periodo di comporto è condizione sufficiente a legittimare il recesso, e pertanto non è necessaria, nel caso, la prova del giustificato motivo oggettivo né dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa né quella della correlativa impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse (cfr. per tutte Cass. n. 1404 del 2012)” (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 3 aprile 2019, n. 9306).
Per quanto concerne, invece, il secondo caso, l’espresso richiamo dell’art. 46 del d.l. n. 18/2020 alla legge n. 604/1966 e, quindi, anche al suo art. 10, consentirebbe di argomentare in ordine alla escludibilità del divieto di licenziamento del personale dirigenziale: recita, infatti, l’art. 10 ult. cit. che “le norme della presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio” (nonché, per effetto dell’art. 3, comma 3, legge n. 190/1985, la qualifica di “quadro”).
Ebbene, alla luce di quanto precede, parrebbe agevole concludere in ordine alla licenziabilità del personale dirigenziale anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 46 più volte citato. Ciò sempreché il licenziamento del dirigente presenti il requisito della c.d. “giustificatezza”.
A tal proposito, ricordiamo come nulla vieti che la nozione di “giustificatezza” del licenziamento del dirigente possa estendersi fino a ricomprendere ipotesi di recesso datoriale per intervenuta riorganizzazione aziendale e conseguente esubero della posizione ricoperta dal dirigente licenziando.
Tuttavia, nel procedere in tal senso, occorrerà che il datore di lavoro sia in grado di dimostrare compiutamente – in sede arbitrale ovvero giudiziale – ogni singola circostanza menzionata nella lettera di recesso; diversamente, il licenziamento si riterrà privo di giustificatezza.
Queste sono state, in sostanza, le conclusioni cui è pervenuta la recente giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Firenze, Sez. Lav., sentenza n. 101/2020) con riguardo ad un caso di licenziamento di un dirigente per asserita “ridefinizione dei ruoli e delle posizioni del personale direttivo”, a fronte di una generica “necessità di ridisegnare in modo più efficiente gli uffici e i reparti Amministrativo e Commerciale”.
Precisamente la Società, pur dimostrando la generale riorganizzazione attuata a livello aziendale, non forniva alcuna prova di come le singole attività di “pricing” e di “supply”, specificamente svolte dal dirigente licenziato, fossero “state assegnate e distribuite presso altri uffici”.
E tanto è bastato al Giudice monocratico per dichiarare che “il recesso risulta privo di giustificatezza, dovendo la ricorrenza di quest’ultimo elemento essere anzitutto valutata in ragione dell’effettiva sussistenza delle circostanze di fatto poste a base del recesso … ivi compreso il nesso causale tra tali circostanze e l’intimato recesso”.
Ad onor del vero, ciò che sembrerebbe emergere dalla vicenda in esame è, ancora una volta, l’importanza delle tecniche di redazione adottate in sede di stesura della lettera di licenziamento, soprattutto se inerente alla soppressione di figure di vertice.