Legittimità del licenziamento...

...e andamento negativo degli utili

La legittimità del licenziamento “per profitto”

Di seguito l’articolo a firma dell’avv. Francesco Marasco, pubblicato da Diritto24, sul tema del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, determinato dai costi aziendali.

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Con la sentenza del 18 luglio 2019 n. 19302, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dettato , come si legge nel provvedimento, “dall’esigenza di rimediare al trend negativo degli utili”.

In particolare, la datrice di lavoro in questione – una ditta di piccole dimensioni – aveva subito “una costante riduzione dei ricavi … nell’arco temporale 2008-2010”, quantificata in “quasi euro 13.000”.

Da qui la richiesta, a tre dipendenti della ditta, di procedere “alla riduzione dell’orario di lavoro“, mediante trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato in uno a tempo parziale, al fine di contenere i costi aziendali.

Sennonché, uno dei dipendenti interpellati rifiutava la trasformazione in part-time, di modo che la ditta si vedeva costretta a cessarne il relativo rapporto.

I Giudici di merito ritenevano che tale licenziamento fosse illegittimo e, di conseguenza, ordinavano alla datrice di lavoro di reintegrare il dipendente in questione. Di diverso avviso è stata, invece, la Corte di Cassazione.

Per la Corte di Cassazione, infatti, nulla osta a che il motivo obiettivo di licenziamento risponda a ragioni di “migliore efficienzaod incremento della produttività . Di fatti, proseguono i Giudici di Cassazione, soltanto laddove il “datore di lavoro abbia motivato il licenziamento sulla base di situazioni sfavorevoli o spese straordinarie la mancanza di prova delle medesime produce la illegittimità del licenziamento”, ma ciò “non già perché integranti in astratto il giustificato motivo obiettivo, ma perché in concreto si accerta che il motivo dichiarato non sussiste ed è pretestuoso”.

Posto quanto sopra, i medesimi Giudici di legittimità evidenziano come debba considerarsi ormai superato il pregresso orientamento giurisprudenziale, secondo cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ‘economico’ poteva considerarsi legittimo solo se necessitato da “situazioni economiche sfavorevoli non contingenti” o “spese straordinarie“.

A riprova di quanto sopra, la Corte di Cassazione cita due provvedimenti del 2016, ossia le sentenze n. 18409 del 20 settembre 2016 e la n. 19185 del 28 settembre 2016, che pure hanno avuto una certa eco mediatica.

In particolare, con il primo provvedimento, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che la riorganizzazione aziendale può costituire una obiettiva ragione di licenziamento anche se determinata da “una più economica gestione dell’impresa” (Cass. Civ., Sez. Lav., 20 settembre 2016, n. 18409).

Con il secondo provvedimento, invece, i medesimi Giudici hanno ritenuto che la ripartizione delle mansioni tra il personale in servizio può costituire una obiettiva ragione di licenziamento, anche se “attuata a fini di più economica ed efficiente gestione aziendale” (Cass. Civ., Sez. Lav., 28 settembre 2016, n. 19185).

Di tali rilievi parrebbe aver fatto tesoro anche la giurisprudenza più recente e, in particolare, le sentenze Cass. Civ., Sez. Lav., n. 4015/2017, n. 13015/2017, n. 10435/2018 e n. 12794/2018).

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