L’approfondimento: Dall’appalto alla somministrazione, rischi giuslavoristici e penali derivanti da un loro uso improprio

L’approfondimento: Dall’appalto alla somministrazione, rischi giuslavoristici e penali derivanti da un loro uso improprio

I) Appalto e somministrazione

Le alternative che ciascun imprenditore ha a disposizione per eseguire la propria opera o prestare il proprio servizio, sono sostanzialmente tre: eseguire direttamente l’opera o il servizio richiestogli, con proprio personale dipendente; eseguire direttamente l’opera o il servizio utilizzando personale somministrato da apposite agenzie, tanto solo in ipotesi tassativamente indicate e consentite; appaltare l’opera o il servizio (o parte di essi) a terzi soggetti che li eseguano con la propria organizzazione.

Nel corso del tempo, peraltro, il Legislatore ha tentato di regolamentare, con alterne fortune, il fenomeno dell’interposizione di manodopera. Pratica attraverso la quale, in genere, si tenta di eludere talune tutele normative poste a protezione del lavoratore, imputando il rapporto di lavoro ad un soggetto diverso dall’effettivo utilizzatore della prestazione, essendo quest’ultimo il vero titolare del rapporto ai sensi dell’art. 2094 cod. civ., il che può determinare anche l’esonero dell’effettivo utilizzatore della prestazione dalle responsabilità patrimoniali derivante dal rapporto di lavoro stesso art. 2740 cod. civ.

Ad oggi l’interposizione di manodopera è disciplinata dal D.lgs. 276/2013 che, da un lato ha confermato il divieto di interposizione già previsto dalle precedenti disposizioni, ma ha al contempo eliminato la previgente presunzione assoluta ed ampliato il ventaglio delle c.d. eccezioni, con la riconducibilità del interposizione nell’alveo della somministrazione di lavoro.

L’appalto genuino, invece, così come disciplinato dall’art. 1655 cod. civ. si distingue dall’interposizione illecita e dalla somministrazione di lavoro proprio perché l’appaltatore, oltre a fornire il personale che eseguirà la prestazione, si preoccupa anche di organizzare i mezzi necessari e assume il rischio di impresa. (art. 29 comma 1 e art. 84 comma 2 D.lgs. cit.).

Oltre all’appalto, quindi, l’unica eccezione che il Legislatore riconosce al divieto di dissociazione tra il datore di lavoro e il soggetto effettivamente utilizzatore della prestazione, è quella della somministrazione di lavoro, così come da ultimo disciplinata dal d.lgs. 81/2015 art. 30 e seguenti, la quale, sostanzialmente si configura come un rapporto giuridico trilaterale: da un lato un contratto di somministrazione tra l’agenzia e l’utilizzatore, e dall’altro un vero e proprio contratto di lavoro tra l’agenzia ed il lavoratore. Si ricorda che tale attività può essere esercitata esclusivamente da soggetti giuridici (c.d. agenzie) autorizzate e controllate dal Ministero del Lavoro.

II) Profili sanzionatori giuslavoristici e penali.

Le conseguenze di tipo giuslavoristico sono evidentemente differenti per i casi di interposizione illecita (c.d. pseudoappalto) e per la somministrazione di lavoro illecita o irregolare. Per l’interposizione illecita è prevista la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore laddove non sia possibile ipotizzare un contratto di appalto c.d. genuino, e con la legittimazione ad agire riservata al lavoratore, senza che sorga l’obbligo di un litisconsorzio necessario con l’interposto.

Nei casi di somministrazione irregolare o illecita, il lavoratore somministrato viene considerato come fosse alle dipendenze dell’utilizzatore a far data dall’inizio della somministrazione stessa, ciò sia nei casi in cui il contratto non sia stato stipulato per iscritto, che nei casi di somministrazione irregolare per violazione dei limiti quantitativi e delle condizioni legittimanti (agenzia autorizzata, limiti quantitativi, numero dei lavoratori indicati nei contratti di somministrazione etc.). Oltre ai predetti profili sanzionatori giuslavoristici, il legislatore ha, nel corso del tempo, previsto e via via implementato, almeno fino al d.lgs. n. 8/2016, anche i profili sanzionatori di tipo penale relativi sia allo strumento della somministrazione che a quello dell’appalto.

Con riguardo ai primi, le principali fattispecie sanzionatorie penali previste dal legislatore, prevedono, per l’utilizzatore: nei casi di ricorso alla somministrazione attraverso soggetti non autorizzati e/o al di fuori dei limiti previsti la sanzione amministrativa di € 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, con il limite minimo di € 5.000 e massimo di € 50.000. Nei casi di ricorso alla somministrazione in ipotesi vietate, in presenza del superamento del limite numerico di somministrati a tempo indeterminato o a termine, la sanzione amministrativa va da € 250,00 ad € 1.250,00.

Per l’agenzia è invece prevista, in caso di richiesta o comunque di percezione di compensi da parte del lavoratore per avviarlo a prestazione di lavoro oggetto di somministrazione, la pena alternativa dell’arresto non superiore ad un anno e dell’ammenda da € 2.500 ad € 6.500, con cancellazione dall’albo.

Con riferimento invece all’appalto, il legislatore ha configurato in primo luogo la c.d. intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, disciplinata dall’art. 603 bis del Codice Penale per la quale è previsto: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato”.

Vi è tuttavia una seconda fattispecie di reato, quella tecnicamente indicata come appalto illecito, disciplinata dall’art. 18 comma 5bis del d.lgs. 276/2003,  che prevede: “nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’articolo 29 comma 1 e di distacco privo dei requisiti di cui all’articolo 30, comma 1, l’utilizzatore ed il somministratore sono puniti con la pena dell’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammendo è aumentata fino al sestuplo”. Il citato art. 29 comma 1 ribadisce sostanzialmente la distinzione poc’anzi evidenziata tra appalto e somministrazione, consistente nella “(…) organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.”

III) La depenalizzazione

Con il d.lgs. 8 del 2016, il legislatore ha introdotto una generica depenalizzazione di tutte quelle fattispecie sanzionate soltanto con la pena della multa o dell’ammenda, prevedendo per esse il solo pagamento di una somma di denaro non inferiore ai 5.000 euro e non superiore ai 50.000 euro. (art. 1 D.lgs. 8 del 2016). Giocoforza, sono stati ricompresi in tale depenalizzazione anche le fattispecie sopra descritte relative all’appalto ed alla somministrazione irregolari, fatta eccezione per l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro che abbia riguardato soggetti minori ed il caso dell’agenzia che richieda o riceva compensi dal lavoratore per avviarlo al lavoro, per i quali è prevista la pena della reclusione.